NEWSLETTER n. 8, ottobre 2020
Quando il raggio della conoscenza si allunga,
la circonferenza dell'ignoto si espande”. 
 
Victor McKusick,
genetista e internista,
secondo alcuni il padre della genetica medica
PRIMO PIANO

Allarme credito

Premesso che a nostro avviso il credito è, secondo il concetto elaborato dal premio Nobel per la pace 2006 Muhammad Yunus, un diritto umano fondamentale, è lecito chiedersi se in questa fase storica in Italia questo diritto (che fonda la sua essenza sulla fiducia) non sia messo in pericolo.

Da anni viviamo la stagione delle concentrazioni bancarie in nome dell’efficienza e del contenimento del rischio sistemico, ultima è l’operazione Intesa-UBI che probabilmente ha aperto la strada ad altre aggregazioni.

Il bilancio della riorganizzazione del sistema bancario ad oggi non è da considerare positivo: il sistema bancario italiano si è fortemente impoverito, soprattutto nella componente delle banche minori e di quelle maggiormente al servizio dei territori, che tanto hanno fatto nel passato a sostegno della struttura delle piccole e medie imprese italiane.

Il risultato dell’applicazione della riforma del 2015 delle Banche Popolari è devastante: delle 10 banche popolari cooperative che dovevano trasformarsi in società per azioni, una è stata assorbita da una Banca più grande (UBI, la prima popolare a trasformarsi in Spa), due sono fallite (Veneto Banca e Popolare di Vicenza lasciando sguarnito il Veneto di una banca di territorio), cinque sono state acquistate da fondi di investimento di matrice prevalentemente americana, cambiando quindi completamente approccio (Popolare di Milano, Banco Popolare, BPER, Creval e Popolare di Bari), rimane solo la Popolare di Sondrio a resistere a questa pressione esterna.

Sul fronte delle BCC assistiamo quotidianamente alle difficoltà delle stesse nello svolgere il ruolo di banche del territorio, oppresse e vincolate come sono da disposizioni e regolamenti dell’organismo di vigilanza, la BCE. 

Infatti la riforma del credito cooperativo del 2016 è incentrata sulla nuova figura dei Gruppi Bancari Cooperativi (modello giuridico unico nel suo genere in Europa) con compiti di “direzione e coordinamento” delle Banche aderenti le quali, per altro, detengono la proprietà delle rispettive Capogruppo e mantengono inalterate le loro caratteristiche di banche locali, mutualistiche, cooperative con licenza bancaria individuale. I gruppi operativi sono due (Gruppo Bancario Cooperativo Iccrea e Gruppo Bancario Cooperativo Cassa Centrale Banca) ed in virtù dei dati consolidati di gruppo, gli stessi sono assoggettati alla vigilanza diretta della BCE, così come altre 10 banche significative italiane. 

Ciò comporta che le regole, i controlli ed i vincoli applicati a banche di grandi dimensioni quali Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco BPM, MPS (per citare le prime quattro) si applicano a cascata alle singole BCC che hanno tutt’altra dimensione, tutt’altra organizzazione e tutt’altra clientela.

La gestione delle banche minori oggi è fortemente condizionata da regolamenti, disposizioni, parametri, algoritmi che definiscono rating, di diretta derivazione dalla vigilanza. Nel caso delle BCC il quadro normativo è lo stesso delle grandi banche. È perciò di tutta evidenza la mancanza di proporzionalità e lo squilibrio concorrenziale a scapito delle BCC. 

Il buon senso suggerirebbe invece di tenere conto delle dimensioni delle banche, della natura delle stesse e del relativo mercato di riferimento.

L’esasperazione delle regole e degli algoritmi è all’origine di situazioni grottesche quali ad esempio segnalazioni della vigilanza per la mancanza del Business Plan nella pratica di affidamento di una piccola carrozzeria oppure il blocco di una pratica per la segnalazione di uno sconfino di 1.000 euro (in realtà 25 euro perché il sistema di Centrale rischi arrotonda al migliaio superiore).

La conseguenza (o l’obiettivo?) è la costante pressione per la svalutazione dei crediti e per la loro anticipata cessione, la chiusura degli sportelli e le aggregazioni.

Il tutto nella convinzione, tutta da dimostrare, che l’efficienza del sistema bancario si ottenga solo con le grandi dimensioni.

Fortunatamente si cominciano a sentire voci fuori dal coro, ancora troppo poche, che contestano, con i fatti e gli studi, il binomio efficienza-grande dimensione. Una recente ricercaha dimostrato che la presenza delle banche cooperative minori ha un effetto mitigatore del rischio sistemico finanziario.

Fino ad oggi si è cercato di misurare l’efficienza del sistema bancario in nome del gigantismo dimenticando del tutto il tema dell’efficacia, cioè della capacità di raggiungere un obiettivo. Il punto centrale è proprio questo: si deve tornare a ragionare sugli obiettivi e su quali debbano essere gli obiettivi delle banche e di come gli stessi possano cambiare in base alle dimensioni degli istituti bancari. 

Concentrandosi sulla efficacia emergerebbe con forza il tema dell’importanza delle banche territoriali che devono garantire il diritto all’accesso al credito per quelle categorie di clienti di dimensioni ridotte che le grandi banche non possono e non vogliono seguire. 

Come ha segnalato il Presidente di Assopopolari, Corrado Sforza Fogliani, in un suo recente intervento: “Le zone che hanno saputo conservarsi una banca locale è statisticamente provato che non soffrono nel mercato del credito e che la banca locale anche in questi anni ha continuato ad erogare, ed ha erogato, più credito, in assoluta controtendenza nella zona rispetto sia al sistema nel suo complesso che rispetto alle altre singole banche, che hanno invece diminuito il credito”.

È evidente che ormai il mezzo (l’efficienza, i controlli, i regolamenti, gli algoritmi) è diventato il fine ed in questa situazione è davvero difficile pensare che ci possa essere una adeguata disponibilità di credito per le imprese soprattutto quelle di minori dimensioni. 

Le imprese più grandi, se adeguatamente strutturate e preparate, possono infatti accedere a forme alternative di finanziamento diverse da quello bancario, quelle minori rischiano invece di non avere interlocutori a cui chiedere il credito.

Il grande rischio che si sta correndo, se non si interviene per tempo, è che a una parte molto rilevante del nostro sistema economico (piccole e medie imprese, artigiani, commercianti, professionisti) sia precluso il diritto umano fondamentale al credito, con tutte le conseguenze che da ciò deriverebbero.

Oggi purtroppo non possiamo contare sulla Banca d’Italia che non pare avere consapevolezza del problema; ci auguriamo perciò che questo grido di allarme venga raccolto da quella parte di sistema economico, speriamo non residuale e soprattutto dei rappresentanti dell’imprenditoria produttiva, che ha ancora a cuore lo sviluppo del nostro Paese.

 


1. Il ruolo delle banche cooperative nella mitigazione del rischio sistemico – Bancaria 6/2020 – Vincenzo Pacelli, Università di Foggia-Francesca Pampurini, Università Cattolica di Milano- Anna Grazia Quaranta, Università di Macerata.

Marco Vitale:
«Una battaglia per la città,
Milano si smarchi dalla Regione»

L’economista: «Il Comune deve riguadagnare spazi di autonomia morale, concettuale e politica, molto maggiore di quanto ha dimostrato durante il Coronavirus»

di Giangiacomo Schiavi

Pubblicato su Corriere della Sera del 25 agosto 2020

Marco Vitale, economista d’impresa, ex assessore in Comune, docente universitario, ex commissario al Policlinico, consulente per la Fiera e grandi aziende, di Milano parla sempre con passione civile e lucido realismo: dopo la sofferenza bisogna ricostruire una speranza, dice, lo scoraggiamento e lo scetticismo non ci sono più concessi. «Non ce lo permette il ricordo di tutti coloro che si sono battuti con grande impegno, totale e generoso, per arginare e difendere la nostra linea del Piave durante l’esplosione del Coronavirus».

Domanda secca: come vede la città dopo i mesi del lockdown?
«Male»

Sinceramente...
«Sinceramente. Milano e la sua dirigenza pubblica sono stati trascinati in basso dalla pessima politica sanitaria della Regione e dalla sua ancor peggiore gestione dell’emergenza Coronavirus».

Milano ha perso la sua folla, i suoi turisti, il suo ritmo. Questo ritmo era un traino per l’Italia, ossigeno e opportunità per tutti...
«Il ritmo milanese, quello del Milan dis Milan fa, è unico in Italia: ma si è interrotto e non sarà facile riprenderlo. Dietro lo schermo del lavoro remoto molti hanno scoperto come è dolce essere pagati senza lavorare e interessarsi maggiormente alle dolcezze della famiglia. È un virus che ha colpito tanti, compreso il sottoscritto...».

Dietro lo smarrimento c’è anche un po’ di orgoglio ferito...
«Il punto è che nell’emergenza Coronavirus non ci siamo fatti trovare pronti. Da questo discende tutto. Abbiamo avuto una giustificata paura, abbiamo scoperto che a Milano c’è molta più povertà di quel che pensavamo, abbiamo perso personalità di valore e oggi abbiamo ancora paura... Sono tutti fattori di tristezza».

È venuta a galla la nostra fragilità.
«In questi mesi drammatici l’abbiamo conosciuta da vicino, ci siamo resi conto della nostra gravissima impreparazione. Abbiamo visto Regioni fare molto meglio della Lombardia e tante città fare meglio di Milano...».

Non è troppo pessimista professore?
«Abbiamo anche visto che siamo tutti cittadini di un Paese più unito, giovani e vecchi, persone semplici e primi della classe, sudisti e nordisti, e abbiamo scoperto che questo spirito di comunanza è cosa buona. Un campo base da cui ripartire».

Utile per ricostruire e non tornare come prima?
«Certo. Ma la ricostruzione non può essere solo economica e materiale, deve anche essere intellettuale, civica, morale e spirituale. Deve essere un passaggio di “incivilimento”, per usare un termine caro ai grandi pensatori dell’Illuminismo milanese».

Per il momento di illuminista c’è la svolta green. Che cosa pensa delle nuove piste ciclabili?
«Da vecchio ciclista sono molto favorevole alle piste ciclabili. Milano è molto adatta al loro sviluppo. Naturalmente decisioni affrettate richiedono rettifiche, correzioni e approfondimenti. Ma si tratta di una svolta culturale positiva da perfezionare e consolidare».

Questo non basta al rilancio.
«Milano deve puntare su sanità e ricerca scientifica, ne ha gli uomini e le potenzialità. Però deve smarcarsi dalla Regione, evitando incompetenza e clientelismo».

Tradotto in pratica?
«Il Comune deve riguadagnare spazi di autonomia morale, concettuale e politica, molto maggiore di quanto ha dimostrato durante il Coronavirus. Un’azione così sarebbe funzionale a mettere Milano alla testa di un movimento nazionale per una rivalutazione del ruolo e della responsabilità dei maggiori Comuni, con riduzione dei poteri delle Regioni: queste dovrebbero tornare al ruolo strategico per cui sono state concepite».

Non è una proposta, è una rivoluzione.
«Considero questa la battaglia delle battaglie: per Milano e per l’Italia. Milano, come comunità e città produttiva, non deve battersi per avere qualche elemosina in più tratta dai fondi europei, ma vigilare perché questi non diventino elemosina».

Milano città di scienza e conoscenza...
«L’Italia ha bisogno di Milano, di una Milano umile, ma non dimessa. Chi è dimesso si è arreso. Chi è umile, invece, sa ancora meglio e con maggiore lucidità e determinazione le cose da fare, gli errori da correggere o cancellare, le nuove mete per le quali lavorare».

Scavalcando la Regione, a questo punto.
«L’atteggiamento della Regione è preoccupante. Il presidente Fontana che dice “rifarei tutto” dovrebbe recitare il Confiteor. Anzi dovrebbero farlo tutti quelli che hanno governato la sanità lombarda degli ultimi trent’anni, compresi sindacati e opposizione».

Ci sono varie inchieste in corso: quella che ha fatto più clamore riguarda il presidente Fontana...
«Considero la vicenda dei camici una piccola storia di ladri di galline. A ben altro, e di peggio, ci aveva abituati il presidente Formigoni. La vicenda dei camici sta, in realtà, aiutando Fontana, distraendo l’opinione pubblica da altri temi».

Quali?
«Errori e limiti della sanità lombarda durante la pandemia. È impensabile che un’indagine seria oggi sia condotta in presenza degli attuali vertici. La medicina sul territorio è inadeguata. Un caso emblematico riguarda la Valtellina: la Regione vuole ridimensionare l’ospedale di Sondalo dopo il Covid. Follia».

Un suggerimento al sindaco Sala?
«Dovrebbe fare come l’Enrico V di Shakespeare: un grande re, capace di ascolto, di umiltà, di severità, di comunicazione, ossia di leadership vera, che prima della decisiva battaglia di Azincourt si traveste da soldato semplice e scende a parlare con altri soldati semplici, per capire l’umore della truppa. Al sindaco di Milano basterebbe girare un po’ in metropolitana per capire l’umore delle mamme che a settembre avranno paura a portare i loro figli a scuola, andare nei quartieri, sentire il polso delle periferie...».

Ce la farà Milano?
«Ce la deve fare».

Risposte ad uno studente per la sua tesi magistrale

17 settembre 2020

1) Professor Vitale, la pandemia da Covid 19 sta rischiando di portare il mondo verso una nuova crisi economica e sociale. Quali sono gli strumenti nelle mani delle imprese per resistere a questa tempesta?

Siamo già in una nuova crisi economica molto grave. Ma non a causa del Covid19 ma della debolezza profonda del nostro sistema, delle nostre idee, della nostra schiavitù ideologica al pensiero unico che ci ha portato a questo punto. Non dobbiamo cercare strumenti per resistere a questa tempesta (a questo ci pensano i virologi) ma per uscire dalla crisi nonostante il Covid19. Per uscirne dobbiamo cambiare profondamente il nostro pensiero economico-sociale e le nostre modalità di pensare e di fare impresa 

2) Il recovery fund sarà di supporto per le aziende che credono maggiormente al ruolo di portatrice di sviluppo dell’impresa?

Dipende da come verrà utilizzato. I segnali che provengono dalla classe politica, tutta dal governo al parlamento, dalla destra alla sinistra, sono, per ora, terrificanti. Speriamo nel monitoraggio europeo e in particolare dell’Olanda, che si sta dimostrando come il nostro migliore amico in quanto, giustamente, non si fida di noi.

3) c'è il rischio che l'imprenditoria italiana si rifugi in assistenzialismo passivo, costruendo una maschera in cui la cosiddetta “responsabilità sociale d’impresa” sarà un catalizzatore di fondi senza un contro valore reale? 

Questo rischio è già in atto ed è ad uno stadio molto avanzato. Il portabandiera di questa tendenza è il presidente della Confindustria che si fa passare per imprenditore ma è un “prenditore” mascherato da imprenditore. La nostra classe politica continua a pensare e a dichiarare che i soldi sono il fattore principale dello sviluppo. Questo è l’errore teorico e pratico che ha guidato l’azione dei nostri governi nel Mezzogiorno negli ultimi 50 anni distruggendo il Mezzogiorno. Vedo e sento sempre di più comportamenti assolutamente identici a quelli che per 50 anni ho visto e mi hanno fatto soffrire nel Mezzogiorno. Sciascia ha scritto: la palma va al Nord. Oggi scriverebbe: la palma è arrivata e ha posto salde radici anche al Nord. 

4) Il ruolo dell’imprenditore deve cambiare? Dobbiamo tenere vivo il modello Olivettiano? È ancora attuale? Perché viene visto come un modello ideale ma quasi utopico? 

Gli imprenditori devono cambiare profondamente. Il modello olivettiano è ancora attualissimo. Esistono molte imprese serie di stampo olivettiano che sono la prova provata che non si tratta di un modello utopico. Di modello utopico parlano sia quelli che non sanno nulla della storia dell’Olivetti che quelli che non sanno nulla dell’impresa. 

5) Si possono fin d’ora individuare i cluster d’impresa che saranno i possibili driver della ripresa, anche in chiave di competitività e di sviluppo. 

Sanità,  ricerca scientifica sanitaria, tutela dell’ambiente, tutto ciò che evita sperperi di energia, di suolo, di qualità ambientale. Lo sperpero maggiore è la non occupazione giovanile.

6) C’è bisogno di uno Stato interventista, quasi keynesiano, nelle situazioni di difficoltà per orientare anche il marketing d’impresa? 

Lo Stato può fare tante cose meno il marketing d’impresa. C’è bisogno di uno Stato serio che intervenga quando è necessario. Se c’era un intervento serio dello Stato invece che affidare l’ILVA agli indiani nemici della nostra siderurgia sarebbe stato meglio. Se ci fosse stato un intervento serio e dello Stato in Alitalia a tempo debito sarebbe stato meglio, dove serio vuol dire: intervento di capitale più ristrutturazione. E via dicendo. Il pensiero economico dominante nella nostra classe politica, finanziaria e sindacale è miserabile e, quindi, non potrà mai essere serio. 

CHE DIO CI (VI) AIUTI.

Marco Vitale 


PS: Penso che conosca il profondo pensiero sulla crisi di Einstein che Le allego, ma è meglio ripassarlo:

“Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a fare nello stesso modo. La crisi è la miglior cosa che possa accadere a persone e interi paesi perché è proprio la crisi a portare il progresso. La creatività nasce dall’ansia, come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nasce l’inventiva, la scoperta e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce le sue sconfitte e i suoi errori alla crisi, violenta il proprio talento e rispetta più i problemi che le soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. Lo sbaglio delle persone e dei paesi è la pigrizia nel trovare soluzioni. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. È nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora perché senza crisi qualsiasi vento è una carezza. Parlare di crisi è creare movimento, adagiarsi su di essa vuol dire esaltare il conformismo. Invece di questo, lavoriamo duro! 

L’unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla”

Albert Einstein (1879 - 1955)

IN & OUT

Persone serie ne esistono ancora


“Io, ministro invisibile che fa le cose giuste, ma non sa raccontarle”
Articolo Il Fatto Quotidiano 21 settembre 2020.

di Antonello Caporale

La distanza che separa l’apparenza dalla realtà coincide esattamente con la figura di Gaetano Manfredi, ingegnere, docente di tecnica delle costruzioni, e per ventura anche ministro dell’università e della ricerca. Qualcuno di voi lo conosce? Ricorda il suo nome?

Ministro, lei è sotterrato nei piani bassi dei volti noti benchè vanti più opere che parole.
Lo sto capendo solo adesso di questa mia particolare fortuna.

Professor Manfredi, se non appare non esiste.
Finora ritenevo che fosse opportuno comunicare con sobrietà le decisioni prese, i provvedimenti approvati. Invece prendo atto che la leva dell’annuncio è formidabile.

Non è social, non è televisivo, non è polemico, non è un politico. Dunque non esiste.
La mia parte la sto facendo. Abbiamo già immesso in organico 1600 nuovi ricercatori. È una piccola ma bella brova di concretezza.

Tutti oggi parlano – anche ossessivamente – di istruzione. I nuovi saperi, l’età della conoscenza digitale sono i pilastri del Recovery fund. Lei sarebbe il più titolato a intervenire, però resta silente.
Così appare, ma così non è

Ministro, sa che esiste solo ciò che appare? Mica è necessario che la realtà lo dimostri?
Ecco, la mia difficoltà è quella che lei mi mostra. Penso sempre di evitare le suggestioni.

Ci sono altri provvedimenti che portano la sua firma?
Ai 1600 ricercatori già assunti se ne aggiungeranno dal 1 gennaio prossimo altri 4400. Non mi sembra un dato secondario, visti i tempi. La ricerca riprende il suo cammino.

Nuovi precari?
Saranno contratti a tempo indeterminato. E abbiamo investito trecento milioni di euro per rendere stabile e definitivo questo aumento dell’organico. Poi altri trecento milioni di euro li abbiamo destinati alla cura degli studenti svantaggiati, alle borse di studio per i meritevoli. Piccola cosa? Non direi. E da gennaio le università italiane avranno un plafond di 550 milioni di euro per progetti di ricerca. Anche qui la soddisfazione c’è.

Ha frecce al suo arco.
E mi faccia dire che abbiamo reso finalmente abilitante la laurea in medicina, togliendo di mezzo l’esame di Stato. E che abbiamo aumentato di 1500 unità le ammissioni al corso di laurea e di altri 5500 i posti nelle specializzazioni post laurea.

Servono medici, è già annunciata la grande fuga.
È una convinzione inesatta. Il picco dei pensionamenti anticipati l’abbiamo quasi del tutto attraversato. Il ministero della Salute valuta che avremo, d’ora in avanti, diecimila medici che ogni anno lasceranno contro tredicimila che si laureeranno.

Lei è napoletano, è stato rettore della Federico II. Di Napoli ha detto: “Non credo in questa città”.
Amo Napoli, penso che abbia risorse intellettuali, creative, produttive di grande livello. Ma è una città che non conosce la normalità, non apprezza l’ordine, la misura, la forza enorme di una buona organizzazione. Napoli è fucina di tanti talenti. Le ricordo che ho voluto l’accordo con Apple e proprio Napoli ne è la sede operativa. Ma sconta troppo i suoi difetti caratteriali.

Napoli è la grande capitale della questione meridionale.
Manca nel Sud quella tensione emotiva, quella forza aggregante che è l’ambizione. Puntare in alto, avere fiducia nei propri mezzi, non farsi distrarre dalle scorciatoie.

La scorciatoia del Sud qual è?
Il Sud si accontenta del poco, anche del pochissimo. Perde il senso del cammino comune, non punta l’obiettivo alto ma lo scansa alla prima difficoltà. E allora anche le migliori intenzioni si infiacchiscono tra tira e molla, piccoli e grandi veti.

Lei dovrebbe fare un discorso in Parlamento sulla necessità di essere ambiziosi. Sul valore anche culturale dell’ambizione. Sulla necessità di avere grandi traguardi.
Dobbiamo cambiare la gerarchia delle nostre urgenze.

Manfredi, il ministro invisibile.
Io resto un professore universitario.

Un barone universitario. Lei è stato anche rettore della Federico II.
Barone, sì mi hanno detto anche questo.

Pubblichiamo l’articolo di Nando dalla Chiesa che ci ha fatto molto piacere leggere in considerazione del fatto che la partenza delle scuole è stata tutto sommato positiva grazie allo sforzo del personale della scuola, docente e non docente, al quale dobbiamo esprimere i nostri ringraziamenti.

Rientro in aula.
Basta guerre e lamentele:
la scuola che funziona, senza carte bollate.

Articolo Il Fatto Quotidiano 21 settembre 2020.

Animo. Nonostante tutto le belle notizie ci sono. E arrivano, pensate un po’, anche dal mondo della scuola. Lo stesso che ha avuto contro tutti i fucili puntati, e ancora ce li ha. Un po’ come se dopo la guerra gli italiani, invece di essere contenti del ritorno dei loro figli a scuola, avessero incominciato a lamentarsi dei supplenti che mancavano, di quella scuola ancora ingombra di macerie, o della pioggia che filtrava dall’ardesia di una scuola di montagna. Con articoli e foto della serie “povera Italia”. Perciò vi parlerò di un istituto comprensivo (materna, elementare e media) della città di Milano. Dove per quasi tutta l’estate una direttrice amministrativa e i suoi collaboratori si sono impegnati per fare ritrovare ai bambini una scuola funzionante. Volevano che all’inizio del nuovo anno si celebrasse quasi una festa della riapertura. Il famoso personale tecnico-amministrativo, quello con la nomea di più alto tasso di sindacalismo “non possumus”, si è rimboccato le maniche al gran completo e ha lavorato sodo. Ha apposto i nastri adesivi ovunque, per segnare con le classiche frecce i percorsi necessari a distanziare (“fisicamente”, non “socialmente”) gli alunni e le varie figure in procinto di affollarsi tra le mura scolastiche. Ha piazzato le colonnine dei disinfettanti, ha spostato banchi e realizzato traslochi interni, senza verificare se ciò fosse previsto o meno dai rispettivi mansionari.

Mancavano però, per riaprire in sicurezza, una serie di garanzie. Ognuna con il suo costo: le mascherine, i termometri a distanza (i più costosi) e altri dispositivi di protezione individuale. Tutte cose che notoriamente tardavano ad arrivare dal ministero. Ma dall’istituto di cui mi è stato chiesto di non fare il nome nessuno ha incominciato a fare telefonate ai giornali per dire che “Roma non ci manda” o che “siamo allo sbando”; e nessun impiegato ha girato video per dimostrare in che condizioni è finita la scuola italiana “con questo ministro col rossetto”. Anzi, tra le ragioni del servizio pubblico e quelle della ragioneria algida e irreprensibile hanno scelto le prime. Hanno prelevato i fondi d’istituto e con 20mila euro hanno comprato in tempo tutto il necessario. Giusto un paio di giorni per felicitarsi reciprocamente e cinque insegnanti hanno fatto domanda di continuare a lavorare a distanza. La direttrice ha inutilmente provato ad accennare alle difficoltà che ne sarebbero derivate. E di fronte al diniego ha chiesto i certificati medici. Che prontamente tre degli obiettori hanno esibito. Due dei quali accolti nell’istituto con la formula “in utilizzo”, che vuol dire impiegati lì invece che nella loro scuola di appartenenza (in genere con netto giovamento logistico dell’interessato). Ravvisando una contraddizione tra il beneficio materiale e la “diserzione” morale, la direttrice amministrativa ha revocato l’utilizzo. E per riempire le cattedre vuote ha scelto tra gli ultimi supplenti.

Che devo dire? Che questa mi sembra una gran bella notizia. Una lezione di moralità civica. Pensate: una scuola che non invoca Roma, che si getta nella sua missione, che lancia il cuore oltre le follie di un Tar sempre in agguato, che mette al primo posto il merito. A cui si aggiunge una notizia che spariglia convinzioni e convenzioni: ossia che tra tutti questi protagonisti c’è una donna calabrese. Non l’insegnante che si dà malata, non quella che si appellerà al Tar, ma la direttrice amministrativa. Colei che, con i suoi collaboratori, manda al diavolo assistenzialismo, mansionari e cavilli e impone la linea del servizio pubblico. Oltre ai tanti ‘ndranghetisti che vorrebbero mangiarselo, il Nord ha anche questi tesori che vengono dalla Calabria. Invece di dare spazio ai vittimismi dei cialtroni occorrerebbe far conoscere queste persone. Peccato solo che stavolta non ve ne possa fare il nome.

Recovery Fund

Il Governo ha chiesto ai Ministeri ed agli Enti varie proposte relative al Recovery Fund. In realtà questo fondo si chiama Next Generation EU, ed è giusto fare questa puntualizzazione. 
Da questo approccio governativo profondamente sbagliato sono emerse oltre 500 proposte per un totale di circa 600 miliardi di euro. 
La stessa entità di queste proposte, che resta comunque singolarmente piccola per accontentare tutti, dimostra il vuoto strategico a livello di Governo e l’assurdità dell’approccio sino ad ora seguito.
 

VNZ NEWS

100 minuti di... 

Sono ripresi i nostri incontri “100 minuti di …” in Libreria Tarantola a Brescia.
Il 17 settembre 2020 abbiamo incontrato Roberto Saccone (presidente di Olimpia Splendid) nella sua veste di nuovo Presidente della Camera di Commercio di Brescia: un Imprenditore prestato all'Amministrazione Pubblica. Nel corso dell’incontro sono emersi i nuovi ed ambiziosi programmi dell’Ente Camera di Commercio che oggi più che mai può interpretare il ruolo propulsore per la ripresa dello sviluppo locale su nuove basi.

Convegno Inaz “Economia e Filosofia: un’antica alleanza rinnovata"


Si è svolto il 14 settembre 2020 a Milano il convegno Inaz “Economia e Filosofia: un’antica alleanza rinnovata”. Quella tra economia e filosofia è un’antica alleanza, che deriva direttamente dalla nascita dell’economia come parte integrante della riflessione filosofica.
Questa alleanza, che ha avuto nella storia fasi alterne, è rinnovata oggi dalla consapevolezza della grande necessità di pensiero che si riscontra nella teoria e nella pratica economica, tanto più in ragione della crescente complessità dei contesti di vita e lavoro.
Nel corso del convegno è stato indagato il rapporto tra queste discipline per capire quale possa essere il contributo della filosofia alle decisioni economiche, anche esplorando l’innovativa proposta formativa dell’Università Cattolica che nel 2018 ha avviato un originale Master in “Competenze Filosofiche per le Decisioni Economiche”.

Master in Gestione e Comunicazione
per la Sostenibilità 

Stefano Zane è intervenuto il 12 settembre 2020 al Master in Gestione e Comunicazione per la Sostenibilità - Alta Scuola per l'Ambiente dell’Università Cattolica di Brescia con una lezione dal titolo: “Sostenibilità nelle imprese: il patto generazionale”.

M&A Awards 2020 

M&A Awards 2020: Lu-Ve, multinazionale di Varese nel cui Consiglio di Amministrazione siede da tempo il Prof. Marco Vitale, è tra le finaliste della sezione “Italia su estero” del premio promosso da KPMG e Fineurop Soditic con il patrocinio di AIFI e dell’Università Bocconi, grazie all’acquisizione della divisione Air Heat Exchanger del gruppo svedese Alfa Laval. Con questa operazione Lu-Ve diventa il terzo operatore mondiale nel settore degli scambiatori di calore ad aria.

Presentazione del libro “Al di là del Tunnel” 

Ferruccio de Bortoli dialoga
con Marco Vitale e Reza Arabnia
il 21 ottobre 2020 alle 17:30
presso Considi Academy
in diretta streaming.


Per iscrizioni alla diretta streaming: https://us02web.zoom.us/webinar/register/WN_KvWaDPFNR5qyWU7XH91l1Q




 

Premio Coraggio Gianna Spada 

VNZ è tra gli sponsor del "Premio Coraggio Gianna Spada" 2020, organizzato dall’Associazione Nazionale Donne Elettrici (ANDE) di Brescia e giunto alla sua XVIII edizione. La premiazione avrà luogo lunedì 12 ottobre 2020 alle 17.30 nel Salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia, a Brescia.

È STATO DETTO

Il ruolo del management, in questa fase di profonda discontinuità che stiamo vivendo, successiva all'epidemia da Covid, peraltro non esaurita, sarà certamente ancor più importante di prima. Le persone sono tutte molto provate, sia quelle direttamente colpite, che tutte le altre, per i molti mesi di questa vita scombussolata, messa a soqquadro da fatti epocali che stanno creando il grande caos, prima sanitario, e poi, a cascata, economico e sociale, di cui non sappiamo ancor l’esito.
Perciò, a proposito di buon management, ci viene in mente un pezzo di Peter Drucker, un luminare della materia, che già nel 1954, in tempi non sospetti, lontanissimi, anni luce distanti dai gravi scandali del XXI secolo a cui ormai siamo abituati, avvertiva:

"L’istruzione intellettuale non sarà sufficiente, da sola, a fornire ad un dirigente i mezzi necessari per far fronte ai compiti che lo attendono nel futuro. Il successo del dirigente di domani sarà sempre più strettamente connesso con la sua integrità morale. Infatti la sua influenza su coloro che lavoreranno con lui in un’azienda sarà così decisiva che il dirigente dovrà basare la sua condotta su rigidi principi morali anziché su espedienti.
Le decisioni di un dirigente avranno una portata tale sull’economia che la società stessa lo riterrà responsabile.
I compiti nuovi che attendono il dirigente del futuro, esigono che questi fondi ogni sua decisione su solidi principi morali e che la sua guida non sia ispirata solo dalle sue conoscenze specifiche ma anche dalla sua capacità di visione, dal suo coraggio, dal suo senso di responsabilità e dalla sua integrità morale. Indipendentemente dall’istruzione ricevuta da giovane o da adulto, in futuro, come già per il passato, né l’istruzione né l’abilità individuale costituiranno le caratteristiche decisive per un dirigente: egli dovrà possedere soprattutto l’integrità di carattere."

Peter Drucker
The Practice of Management, 1954

DA NON PERDERE

Sapiens.
Da animali a dèi.
Breve storia dell'umanità.

di Yuval Noah Harari
2017, Bompiani
Pag. 544, 16,00 €

Centomila anni fa almeno sei specie di umani abitavano la Terra. Erano animali insignificanti, il cui impatto sul pianeta non era superiore a quello di gorilla, lucciole o meduse. Oggi sulla terra c’è una sola specie di umani. Noi: Homo sapiens.
Siamo i signori del pianeta. Il segreto del nostro successo è l'immaginazione. Siamo gli unici animali capaci di parlare di cose che esistono solo nelle nostre fantasie: come le divinità, le nazioni, le leggi e i soldi. "Sapiens. Da animali a dèi” spiega come ci siamo associati per creare città, regni e imperi; come abbiamo costruito la fiducia nei soldi, nei libri e nelle leggi; come ci siamo ritrovati schiavi della burocrazia, del consumismo e della ricerca della felicità.

Homo deus.
Breve storia del futuro

di Yuval Noah Harari
2018, Bompiani
Pag. 560, 16,00€

Harari racconta sogni e incubi che daranno forma al XXI secolo in una sintesi audace e lucidissima di storia, filosofia, scienza e tecnologia, e ci mette in guardia: il genere umano rischia di rendere se stesso superfluo. Saremo in grado di proteggere questo fragile pianeta e l'umanità stessa dai nostri nuovi poteri divini?

Meccaniche della Meraviglia

Prosegue fino all’11 ottobre la quattordicesima edizione di Meccaniche della Meraviglia, a cura di Albano Morandi, promossa e sostenuta dal Comune di Brescia-Assessorato alla Cultura.

Otto artisti di fama nazionale e internazionale interverranno con installazioni e opere site-specific in diversi spazi di Brescia e di Puegnago del Garda, otto interventi che dialogheranno con gli spazi individuati per esaltarne le peculiarità e gli aspetti nascosti.

È questo infatti l'intento di Meccaniche della Meraviglia, sollecitare la capacità dell’artista di innescare meccanismi e ingranaggi attivatori dello sguardo e della sensibilità di chi guarda: ne consegue quella meraviglia che è stupore e immersione, sorpresa e scoperta, ma anche messa in crisi radicale dell’abitudine ad una modalità fruitiva rapida e superficiale dello spazio e delle cose.

I linguaggi visuali selezionati per questa edizione di Meccaniche della Meraviglia sono fortemente legati alla svolta epocale che stiamo attraversando e paiono infatti riflettere sui temi della solitudine e dell’isolamento, della frattura e della rigenerazione, del bisogno di dialogo e confronto, empatia e condivisione, intessendo con gli spazi che li accolgono uno scambio fertile e profondo e chiedendo al pubblico un percorso contemplativo ed immersivo.

Per conoscere sedi e artisti: https://www.comune.brescia.it/servizi/marketingeventi/cinemateatromostre/Pagine/Meccaniche-della-Meraviglia.aspx

Hanno collaborato a questo numero:
Nicola Boni, Domenico Gamarro, Giorgia Piccinelli, Luca Soressi Serena, 
Monica Rossetti, Margherita Saldi, Erika Veschini, Marco Vitale, Stefano Zane.

Progetto editoriale a cura di Luca Vitale e Associati
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