NEWSLETTER n. 1, giugno 2019
“Sarà molto più difficile stabilire il ruolo dell’economia, d’ora in poi.
Ma è praticamente certo che gli economisti dovranno imparare
ad avere a che fare con l’incertezza”

Paul Krugman (premio Nobel per l’economia 2008)
È questo il primo numero della nostra Newsletter. Un progetto con il quale intendiamo proporre spunti di riflessione e di approfondimento sul mondo dell'Impresa e dell'economia più in generale per cercare di accrescere, per quanto possibile, la consapevolezza del ruolo dell'impresa quale elemento determinante nello sviluppo economico e sociale del Paese.

Evidentemente per poter svolgere il suo compito nella società l'impresa deve funzionare bene, deve sviluppare una Formula Imprenditoriale coerente, deve stare sul mercato in modo adeguato ai tempi e alle richieste dello stesso, deve quindi essere condotta con attenzione, professionalità e passione.

Nella nostra Newsletter ci occuperemo quindi anche di management: dei modi e delle tecniche per poter condurre positivamente un'impresa e per accrescerne la competitività. Il nostro progetto Newsletter è ambizioso: pensiamo ad un appuntamento sistematico (almeno 4 uscite annue), con una impostazione internazionale (il nostro orizzonte di osservazione non sarò limitato all'Italia), con uno schema abbastanza stabile (rubriche ricorrenti che facilitino la lettura) e con la massima chiarezza ed incisività possibile.


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PRIMO PIANO

L'impresa: il nostro focus

Il nostro focus, come già anticipato, è e sarà l'impresa. 

Ma a quale impresa facciamo riferimento? Qual è il nostro modello di impresa?

La risposta la troviamo nelle imprese del c.d. quarto capitalismo italiano, la forza portante del sistema industriale italiano, quello di cui si è presa coscienza abbastanza di recente e che è stato razionalizzato dall'Ufficio Studi di Mediobanca e Unioncamere.

Le imprese del quarto capitalismo sono quelle convenzionalmente identificate nella fascia di fatturato tra i 16 e 355 milioni di euro con una forza lavoro compresa tra 50 e 499 unità, specificando per altro che tali limiti non hanno un valore assoluto ma solamente indicativo.

Sono imprese che non fanno parte di gruppi industriali o finanziari stranieri, sono essenzialmente imprese in cui il controllo, e spesso anche la gestione, fa riferimento a famiglie imprenditoriali.

Dal 1996 al 2017 queste imprese hanno:

  • raddoppiato il fatturato ed il valore aggiunto
  • incrementato l'occupazione di oltre il 30%
  • incrementato l'esportazione dell'11% (il 94% sono esportatrici)

Approfondire quindi le modalità con cui queste imprese raggiungono posizioni di eccellenza nei propri mercati non è cosa banale, ma aiuta ad individuare gli elementi chiave di successo delle imprese del quarto capitalismo.

Volendo fare una sintesi degli elementi chiave che caratterizzano queste imprese abbiamo:

  1. Una base societaria familiare solida e coesa, dove la governance famiglia/impresa è stata affrontata positivamente ponendo al centro l'impresa, dove il tema generazionale è stato affrontato per tempo e nei modi corretti attraverso una convivenza generazionale più che un passaggio generazionale;
  2. Una visione internazionale del business, che non si limita alla esportazione (per altro sempre importante) ma che si pone l'obiettivo di presidiare i mercati mondiali con obiettivi specifici per paese, con politiche ad hoc, prevedendo presenze commerciali ma anche produttive stabili;
  3. Un rapporto evoluto con la finanza ed i mercati finanziari in generale, dei quali si conoscono i meccanismi di funzionamento riuscendo perciò ad utilizzare la finanza per i fini dell'impresa e non viceversa, senza sottomissione o timore reverenziale, in un rapporto corretto che vede la finanza al servizio dell'impresa;
  4. Un sistema gestionale forte e robusto, con un controllo di gestione al servizio della verifica continua della coerenza della Formula Imprenditoriale. In questo caso i dati (reddituali, finanziari, commerciali, industriali, ecc.) sono importanti non solo perché sono sempre più richiesti per un colloquio corretto e costruttivo con il mondo bancario, finanziario e con i terzi in generale, ma perché a parità di capacità decisionale la differenza la fa la qualità dei dati e delle informazioni tempestivamente disponibili;
  5. Una cultura aziendale aperta all'innovazione, non arroccata sull'"abbiamo sempre fatto così". Un approccio positivo al mondo digitale ed alle modalità di gestione e di pensiero che da questo arrivano: il c.d. "open innovation" che porta con sé anche un profondo rispetto ed una valorizzazione del contributo e delle competenze che arrivano dai giovani;
  6. Elevati standard morali ed imprenditoriali che sono la premessa inderogabile per i vertici aziendali, siano essi della famiglia di controllo o professionisti e manager chiamati a gestire l'impresa. Questi standard fanno parte integrante dell’efficacia e dell’efficienza di un’impresa, infatti senza la correttezza dei vertici aziendali non è possibile ambire o aspettarsi un corpo sociale corretto.

Nelle nostre Newsletter approfondiremo di volta in volta tutti questi temi. Lo faremo tramite la nostra esperienza professionale, con un approccio il più concreto ed operativo possibile, portando a supporto casi aziendali concreti, sia di successo che di insuccesso, che aiutano a comprendere e, ci auguriamo anche ad interiorizzare, ciò che la teoria del management ha nel corso degli anni sviluppato da un punto di vista teorico.

Buona lettura

IN & OUT

Antares Vision, le ragioni di un successo 

Il 18 aprile scorso è stata quotata all’AIM (il segmento di Borsa Italiana dedicato alle PMI) Antares Vision, giovane ed innovativa impresa bresciana che in pochi anni (è stata fondata solo 12 anni fa) è diventata leader internazionale nei sistemi di ispezione visiva e tracciatura del prodotto per il settore farmaceutico.

Si tratta di un’impresa eccellente, che fa parte del c.d. quarto capitalismo italiano, che nasce come spin off dell’Università di Ingegneria di Brescia ad opera di due amici, Emidio Zorzella e Massimo Bonardi, che hanno avuto l’intuizione di applicare i loro studi in optoelettronica ai sistemi di controllo della produzione industriale.

Al di la dell’aspetto tecnologico innovativo, certamente importante, ciò che caratterizza la storia di Antares e del suo spettacolare percorso di sviluppo (il fatturato 2019 è proiettato verso i 150 mil.€ con un Ebitda a due cifre superiore al 15% e con clienti in 60 paesi del Mondo) è, da una parte, la lucidità strategica con cui i due fondatori hanno avuto la forza di sapersi concentrare sul settore farmaceutico tra gli innumerevoli cui avrebbero potuto portare la loro nuova tecnologia, e dall’altra l’abilità che hanno dimostrato nel saper gestire, a vantaggio dello sviluppo dell’impresa, gli strumenti finanziari. Infatti, per l’avvio dell’importante percorso di sviluppo nel 2012 hanno aperto il capitale della Società al Fondo Italiano d’Investimento (allora presieduto dal Prof. Marco Vitale) che ha sostenuto il primo passo della internazionalizzazione. Successivamente nel 2017 i fondatori si sono ricomprati le quote del fondo per poi nuovamente aprire il capitale a soci industriali (tra cui Guido Barilla) e al mercato (con la recente quotazione) per avviare il secondo round di sviluppo che vedrà impegnata Antares Vision su nuovi mercati (food & beverage e cosmetico) e con nuove linee di prodotto dedicate alla tracciabilità alla sicurezza e alla originalità dei prodotti, nonché nella gestione e nell’analisi dei dati (Smart Data Management). 

Una storia davvero molto istruttiva fondata su una chiara visione imprenditoriale, su solide basi tecnologiche, su una grande apertura all’innovazione, sulla creatività, sulla valorizzazione dei giovani talenti e su una forte cultura aziendale che si alimenta con le idee ed i progetti condivisi.

In sostanza un significativo esempio di forti valori d’impresa che rendono l’impresa viva, creativa, capace di ricreare sé stessa, ridefinire gli obiettivi ed i programmi.

Oggi Antares Vision ha davanti a sé sfide importanti: nuovi prodotti, nuovi mercati, nuove tecnologie, ma su tutte riteniamo che la più delicata sia quella di rimanere fedele ai valori fondanti che le hanno consentito di raggiungere traguardi rilevanti, rifuggendo dall’ “attrazione fatale” della grande finanza che troppo spesso si appropria delle imprese eccellenti prosciugandole non solo della cassa. 

L’obiettivo deve essere sempre quello di “creare valore” e non “estrarre valore” come troppo spesso si sente dire.

Già pubblicato su First Online

I sistemi di allerta nella riforma fallimentare

Il 10 gennaio 2019 il Consiglio dei Ministri ha approvato il testo del “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” la quale rappresenta la normativa(1) che dal 15 agosto 2020 sostituirà l’attuale Legge Fallimentare(2). 

La principale novità contenuta nella riforma riguarda la disciplina degli strumenti di allerta. 

In sintesi la disciplina prevede che, qualora un’impresa superi degli specifici indicatori economico-finanziari, o maturi un certo indebitamento scaduto verso creditori pubblici qualificati, scattino degli obblighi di segnalazione posti a carico degli organi di controllo societari (ove presenti) o dei creditori pubblici qualificati (Agenzia delle Entrate, INPS e Agente della riscossione) ad un “Organismo di composizione della crisi d’impresa (OCRI)” costituito presso le Camere di Commercio. 

L’OCRI avrà il compito di accertare l’effettiva situazione di crisi dell’impresa e cercare di porvi rimedio attraverso l’identificazione dei correttivi aziendali e la gestione delle trattative con i creditori per raggiungere un accordo stragiudiziale. Qualora non sia possibile raggiungere un accordo, e l’impresa non si attivi per accedere ad altre procedure concorsuali, l’OCRI effettuerà una segnalazione al pubblico ministero.

A nostro avviso la disciplina degli strumenti di allerta contenuta nella riforma fallimentare contiene insidie e l’alto rischio di introdurre dinamiche potenzialmente destabilizzanti per il mondo delle PMI. 

Le principali criticità che vediamo sono:

  • il rischio che molte PMI, per il solo fatto di non rispettare degli indicatori contabili che possono non essere sintomatici di una effettiva “crisi”, vengano automaticamente fatte precipitare nel meccanismo delle segnalazioni all’OCRI con i conseguenti possibili pericolosi effetti. Come aziendalisti consideriamo gli aspetti quantitativi un elemento essenziale per leggere e interpretare le dinamiche aziendali, ma l’impresa, e il suo destino, non possono dipendere ed essere ostaggio di formule e quozienti matematici determinati per legge; 
  • il rischio che le PMI che sono davvero in crisi non trovino alcun concreto giovamento dall’intervento dell’OCRI. Chi si occupa professionalmente di risanamenti aziendali conosce bene la complessità ed il tempo da dedicare per l’individuazione delle soluzioni per il superamento della crisi, la loro formalizzazione in un Piano, la costruzione della manovra finanziaria, la gestione delle trattative con i creditori (in primis banche) e la stesura di un accordo. Tutte fasi che normalmente richiedono, per mesi, un serrato affiancamento quotidiano all’impresa ed al vertice aziendale, dove anche le componenti umane e psicologiche giocano un ruolo determinante. Sono approcci e modalità che non appaiono oggettivamente compatibili con l’attività che potrà essere svolta da un organo collegiale nominato d’ufficio e che, fino a quel momento, nulla conosce dell’impresa in questione. Il rischio che situazioni di crisi veicolate sull’OCRI si impantanino in un nulla di fatto, facendo perdere tempo prezioso per approcci più efficaci, è dunque altissimo;
  • il silenzio che, almeno per ora, proviene da chi dovrebbe essere maggiormente interessato ai possibili impatti della riforma, ovvero dal mondo imprenditoriale. Si assiste, infatti, a vari seminari e convegni organizzati per lo più da commercialisti e avvocati volti ad approfondire la materia per mettere a fuoco responsabilità e opportunità professionali, mentre sembra che il mondo dell’impresa non abbia ancora colto la portata della riforma ed i suoi potenziali pericolosi effetti.

A marzo 2019 il Governo ha ricevuto dal Parlamento una delega(3) per adottare disposizioni integrative e correttive al nuovo Codice entro due anni dall’entrata in vigore dello stesso. Considerando che il nuovo Codice entrerà in vigore il 15 agosto 2020, il Governo potrà apportare modifiche al testo fino al 2022.

Il mondo imprenditoriale e professionale hanno quindi l’opportunità, ed il dovere, di contribuire per proporre correttivi e modifiche che possano mitigare i rischi connessi all’attuale formulazione della disciplina dei sistemi di allerta.

Elementi essenziali relativi alla nuova disciplina degli strumenti di allerta

Attraverso il presente contributo non si intende fornire una disanima analitica e completa della disciplina dei sistemi di allerta, per la quale si rimanda al testo di legge, ma si vuole mettere in luce alcuni degli elementi ritenuti più rilevanti e di maggiore interesse per le PMI in relazione ai potenziali impatti della riforma.

La principale novità contenuta nella riforma della legge fallimentare è rappresentata dai cosiddetti strumenti di allerta per la tempestiva rilevazione dello stato di crisi di un’impresa(4), disciplina che estende la portata e gli effetti della riforma alle imprese che per due esercizi consecutivi non abbiano superato almeno due dei tre seguenti parametri dimensionali(5):

  • Totale dello stato patrimoniale: 20 milioni di euro
  • Totale fatturato: 40 milioni di euro
  • Dipendenti medi occupati nell’esercizio: 250

L’obbligo di segnalazione da parte degli organi di controllo societari

Gli organi di controllo societario, ove presenti(6), qualora ravvisino fondati indizi della crisi, la cui formale evidenza è basata sul superamento di determinati indici, hanno preliminarmente l’obbligo di fare una formale segnalazione all’organo amministrativo il quale, entro 30 giorni, deve riferire in merito alle soluzioni individuate e alle iniziative intraprese. In caso di omessa o inadeguata risposta, ovvero di mancata adozione nei successivi 60 giorni delle misure ritenute necessarie per superare lo stato di crisi, gli organi di controllo hanno l’obbligo di informare “senza indugio” l’OCRI.  

Il nuovo Codice non elenca in modo specifico gli indicatori che faranno scattare l’obbligo di segnalazione da parte degli organi di controllo societari, demandando la loro determinazione al Consiglio Nazionale dei Commercialisti ed Esperti Contabili. Il nuovo Codice stabilisce però dei criteri generali, specificando che gli indicatori dovranno cogliere gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario dell’impresa dando evidenza della sostenibilità dei debiti e delle prospettive di continuità aziendale per almeno i sei mesi successivi. 

A tal fine il nuovo Codice cita come “indici significativi” quelli che misurano:

  1. la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare; 
  2. l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi;
  3. ritardi nei pagamenti reiterati e significativi(7).

L’individuazione degli indicatori in grado di far presumere lo stato di crisi di un’impresa è quindi demandata al Consiglio Nazionale dei Commercialisti, il quale dovrà elaborarli:

  • con cadenza triennale e,
  • con riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni ISTAT(8).  

L’impresa, qualora non ritenga adeguati alle sue peculiari caratteristiche gli indici elaborati dal Consiglio Nazionale dei Commercialisti, potrà prevedere indici “ad hoc” ma dovrà indicarli nella nota integrativa del bilancio allegando una dichiarazione giurata da parte di un professionista indipendente che attesti l’adeguatezza degli indici.

L’obbligo di segnalazione da parte dei creditori pubblici qualificati

I creditori pubblici qualificati, Agenzia delle Entrate, INPS e Agente della riscossione, hanno l’obbligo di avvisare l’impresa che abbia superato determinate soglie di indebitamento scaduto(9). Qualora l’impresa non abbia estinto o regolarizzato tali posizioni entro 90 giorni dal ricevimento dell’avviso, gli enti sono obbligati ad effettuare la segnalazione all’OCRI. 

I creditori pubblici qualificati non devono effettuare la segnalazione all’OCRI qualora l’impresa documenti di essere titolare di crediti fiscali per un ammontare non inferiore alla metà dei debiti.

L’organismo di composizione della crisi d’impresa (OCRI)

L’OCRI è un organo presente presso ciascuna Camera di Commercio ed è costituito da tre membri (che dovranno far parte di un apposito Albo da creare) di cui:

  1. uno designato dal presidente della sezione specializzata in materia di impresa del tribunale;
  2. uno designato dal presidente della Camera di Commercio;
  3. uno appartenente all’associazione rappresentativa del settore di riferimento dell’impresa.

L’OCRI, una volta ricevuta la segnalazione da parte degli organi di controllo societario o dai creditori pubblici qualificati, convoca l’impresa e, qualora rilevi l’effettiva esistenza della crisi, individua con l’impresa le possibili misure per porvi rimedio e fissa il termine entro il quale il debitore deve riferire sulla loro attuazione.  

Su istanza dell’impresa l’OCRI fissa un termine di tre mesi (prorogabile di ulteriori tre) per la ricerca di una soluzione concordata della crisi affiancando l’impresa nelle trattive con i creditori. L’eventuale accordo raggiunto con i creditori produce gli stessi effetti del piano attestato di risanamento (ovvero l’esenzione dall’azione revocatoria).

Qualora non si raggiunga un accordo con i creditori, e permane una situazione di crisi, l’OCRI “invita” l’impresa a presentare entro 30 giorni domanda di accesso ad altre procedure (es: concordato).

L’OCRI provvede ad effettuare una segnalazione al pubblico ministero qualora l’impresa:

  • non si presenti a seguito della convocazione dell’OCRI;
  • a seguito della convocazione dell’OCRI, ed accertata la crisi, non formalizzi l’istanza per la soluzione concordata della crisi;
  • a seguito del mancato accordo con i creditori, e permanendo lo stato di crisi, non acceda ad altre procedure. 

 


1 Decreto Legislativo n. 14 del 12 gennaio 2019.
2 Regio Decreto n. 267 del 1942.
3 Legge 8 marzo 2019, n. 20
4  Titolo II “Procedure di allerta e composizione assistita della crisi” artt. 12-25.
5 Il nuovo Codice esclude dall’applicazione dei sistemi di allerta le imprese quotate, le Grandi Imprese (secondo la definizione di cui all’art. 3, paragrafo 4 della direttiva 2013/34/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013) nonché altre tipologie speciali di imprese quali banche, imprese di assicurazione, intermediari finanziari ed altre tipologie elencate all’art. 12 comma 5.
6  Dal 2019 è stato introdotto un significativo abbassamento delle soglie dimensionali per la nomina obbligatoria dell’organo di controllo nelle SRL, ovvero al superamento, per due esercizi consecutivi, di almeno uno dei seguenti limiti:

  • Totale attivo patrimoniale: 2.000.000 di euro (vs i precedenti 4.400.000 milioni)
  • Ricavi delle vendite e delle prestazioni:  2.000.000 di euro (vs i precedenti 8.800.000 milioni)
  • Dipendenti occupati in media nell’esercizio: 10 (vs i precedenti 50)
 Il nuovo Codice cita come riferimento di indicatori relativi al ritardo nei pagamenti quelli previsti all’art. 24 ovvero:
  1. debiti per retribuzioni scaduti da almeno 60 giorni per un ammontare pari ad oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  2. debiti verso fornitori scaduti da almeno 120 giorni per un ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti.
8  L’insieme delle attività economiche ISTAT secondo l’attuale classificazione in uso (ATECO 2007) comprende circa 1.300 tipologie diverse.
9  Le soglie previste dall’art 15 del nuovo Codice sono: 
  1. per l'Agenzia delle entrate, quando l'ammontare totale del debito scaduto e non versato per l'imposta sul  valore aggiunto, risultante dalla comunicazione della liquidazione periodica di cui all'articolo 21-bis del  decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,  n. 122, sia pari ad almeno il 30 per cento del volume d'affari  del  medesimo periodo e non inferiore a euro 25.000 per volume d'affari risultante dalla dichiarazione modello IVA relativa all'anno precedente fino a 2.000.000 di euro, non inferiore a euro 50.000 per volume d'affari risultante dalla dichiarazione modello IVA relativa all'anno precedente fino a 10.000.000 di euro, non inferiore a euro 100.000, per volume d'affari risultante dalla  dichiarazione modello IVA relativa all'anno precedente oltre 10.000.000 di euro;  
  2. per l'INPS, quando il debitore è in ritardo di oltre sei mesi nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore alla metà di quelli dovuti nell'anno precedente e superiore alla soglia di euro 50.000; 
  3. per l'agente della riscossione, quando la sommatoria dei crediti affidati per la riscossione dopo la data di entrata in vigore del codice, autodichiarati  o definitivamente  accertati  e scaduti da oltre novanta giorni superi, per le  imprese  individuali, la soglia di euro 500.000 e, per le imprese collettive, la soglia  di euro 1.000.000.
Già pubblicato su Diritto24, Il Sole24Ore
VNZ NEWS

Master ISFOR

Siamo presenti alla tredicesima edizione del Master ISFOR in Management ed Innovazione delle Imprese, il percorso più completo di ISFOR - Fondazione AIB, sviluppato in collaborazione con SMAE (School of Management and Advanced Education) dell‘Università degli Studi di Brescia.

In particolare, il Prof Marco Vitale ha tenuto una lezione introduttiva il 22 maggio scorso sul tema della complessità dell’impresa: da Senofonte e Socrate ai principi dell’economia e alla centralità dell’impresa che non è assolutamente una cosa nuova dell’ultimo secolo.

Il dott. Stefano Zane invece, il prossimo 26 giugno, parlerà dei sistemi di controllo di gestione come opzione strategica.

È STATO DETTO

Economia, quando i modelli matematici non funzionano

In un celebre articolo apparso sul New York Times del 2 settembre 2009, il premio Nobel Paul Krugman – unendosi al pensiero di altri premi Nobel come Ronald Coase, Wassily Leontief e Milton Friedman – ha contestato agli economisti di esser finiti fuori strada per aver usato in modo improprio la matematica applicata all’economia. 

Una formazione di base troppo concentrata sulle tecniche matematiche e sulla costruzione di modelli non verificati sarebbe il motivo principale per cui gli economisti, come categoria, si sono talmente allontanati dalla realtà da non riuscire a cogliere la vulnerabilità del mercato e la gravità dei rischi presentati dal sistema finanziario. 

Il vero errore commesso dagli economisti sarebbe stato, per Krugman, quello di iper-semplificare il comportamento umano – insieme a quello dei mercati e delle altre istituzioni – al solo scopo di includerlo nei loro modelli matematici, finendo con l’adottare ipotesi fuorvianti che hanno ignorato la grande complessità e forte incertezza della realtà. 

Nell’ottobre 2009, questo pensiero di Krugman è stato rapidamente condiviso on-line da oltre duemila studiosi – il 62% dei quali PhD, il 20% USA, il 10% UK, alcuni italiani e un altro premio Nobel, Duglass North – che hanno sottoscritto in particolare queste parole:
 

«Pochi economisti hanno saputo prevedere la crisi, ma questo fallimento di previsione pare sia l’ultimo dei problemi. Non toccherebbe agli economisti chiedersi se il sistema possa fallire tanto miseramente (...) l’economia è finita fuori strada perché gli economisti, come categoria, hanno scambiato la bellezza dei modelli matematici, dall’aspetto impressionante, con la verità. (...) gli economisti si sono innamorati della vecchia visione ideale di un’economia in cui individui razionali interagiscono in mercati perfetti, anche se abbellita, questa volta, da sofisticate equazioni. (...) Sfortunatamente, questa romantica e antisettica visione ha indotto la maggior parte di loro a ignorare tutto ciò che può andar storto. Hanno chiuso un occhio sui limiti della razionalità umana che spesso genera bolle e fallimenti; sui problemi delle istituzioni che impazziscono; sulle imperfezioni dei mercati – specie quelli finanziari – che possono causare crash improvvisi e imprevedibili del sistema; e sui pericoli che nascono quando chi deve controllare non crede nella regolamentazione e nei controlli. (...) Quando si ha a che fare col problema fin troppo umano delle recessioni e delle depressioni, gli economisti devono abbandonare l’idea elegante, ma sbagliata, che tutti gli operatori siano razionali e che i mercati funzionino alla perfezione»
 

Noi invece, di Krugman, vorremmo sottolineare questo concetto, fondamentale:

«Sarà molto più difficile stabilire il ruolo dell’economia, d’ora in poi. Ma è praticamente certo che gli economisti dovranno imparare ad avere a che fare con l’incertezza. Dovranno cioè riconoscere la rilevanza di comportamenti imprevedibili e irrazionali, affrontare le frequenti imperfezioni idiosincratiche dei mercati e accettare che un’elegante “teoria del tutto”, in economia, è ancora di là da venire. In poche parole, ciò si deve tradurre in una maggior cautela delle politiche economiche, con una minore disponibilità a smantellare certi margini di sicurezza, nella convinzione che il mercato risolverà ogni problema».
 

Per l’articolo originale di Krugman, sul New York Times:
https://www.nytimes.com/2009/09/06/magazine/06Economic-t.html

Per la sottoscrizione del 2009:
https://www.ipetitions.com/petition/revitalizing_economics?e

DA NON PERDERE

VICE. L'uomo nell'ombra

Dopo La grande scommessa, film che entrava nei meccanismi del crack finanziario del 2008, Adam McKay si concentra questa volta su 50 anni di politica americana: per farlo porta sotto i riflettori Dick Cheney, uno dei personaggi chiave, notoriamente “nell’ombra”, artefice del più grande cambiamento nella storia della democrazia statunitense, all’indomani dell’attacco alle Twin Towers dell’11 settembre.

Vedi il trailer

GUARDAMI: la grande antologica di Pepi Merisio

Un titolo semplice quanto diretto: “Guardami”, voluto dallo stesso Pepi Merisio insieme al figlio Luca, che ha curato la mostra. Il titolo non lascia nulla nell’ombra: “Guardami” è ciò che Pepi Merisio dice al soggetto da ritrarre, “Guardami” è ciò che il soggetto chiede all’obiettivo che lo sta per immortalare, “Guardami”, infine, è ciò che la fotografia chiede al suo osservatore. La mostra, promossa e organizzata da Comune di Bergamo e Museo delle storie di Bergamo, è realizzata grazie all’importante contributo di SIAD, main sponsor dell’evento e del nuovo allestimento dello spazio espositivo. Il Museo della fotografia Sestini, che nel 2018 ha accolto il Fondo Pepi Merisio, offre così al pubblico una nuova storia per immagini: più che del soggetto, questa volta, si parla dell’autore in oltre 250 scatti scelti da Merisio stesso. Le fotografie sono raccolte in 5 diverse sezioni tematiche, ognuna delle quali è dedicata a uno dei temi fondamentali della carriera del grande fotografo: La famiglia, Ex Oriente, Il lavoro, La vita, Stella Mattutina. Per ogni sezione, un cuore pulsante: una selezione originale di immagini vintage stampate da Pepi Merisio tra il 1960 e il 1970. “Guardami” è una mostra che ci parla, per immagini, di una storia fatta di storie: quella di un’Italia raccontata attraverso paesaggi, mestieri, primi piani di volti comuni, celebrazioni private e famiglie. Ma non è tutto, perché se è vero che da un lato, la fotografia di Pepi Merisio entra indiscreta in piccole storie di quotidianità rendendole grandi, dall’altro, con lo stesso sguardo ha impresso grandi personaggi esaltando la dignità dell’uomo comune: ne sono un esempio le fotografie a Papa Paolo VI, di cui lo stesso Merisio porta ancora un nitido e affettuoso ricordo. Una sezione della mostra sarà dedicata alle fotografie scattate durante i suoi viaggi in Oriente: “Guardami”, anche questa volta, diventa il filo rosso che unisce l’occhio del soggetto, quello del fotografo e quello dello spettatore.

Hanno collaborato a questo numero:
Nicola Boni, Domenico Gamarro, Giorgia Piccinelli, Monica Rossetti,
Erika Veschini, Marco Vitale, Stefano Zane.

Progetto editoriale a cura di Luca Vitale e Associati
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