Newsletter n. 19 - marzo 2023

“...è il più bel paese di questo mondo! Una vera cuccagna! […]
Si chiama il Paese dei Balocchi […]
Lì non vi sono scuole, lì non vi sono maestri, lì non vi sono libri. In quel paese benedetto non si studia mai. Il giovedì non si fa scuola, e ogni settimana è composta di sei giovedì e di una domenica. Figurati che le vacanze d'estate cominciano con il primo di gennaio e finiscono il 31 dicembre.

[…] ma come si passano le giornate nel Paese dei Balocchi?
Baloccandosi e divertendosi dalla mattina alla sera.
La sera poi si va a letto e la mattina dopo si ricomincia da capo"
Carlo Collodi, Romanzo Pinocchio

Primo Piano

Uscire dal Paese dei Balocchi

“La disperazione più grave
che possa impadronirsi  di una società
è il dubbio che vivere onestamente sia inutile”

(Corrado Alvaro 1895 – 1956)

Tempo di lettura 15 min.

A Milano i poveri si vedono: cappelli in mano agli angoli delle strade, code davanti alle mense caritatevoli, sempre più spesso ti chiedono direttamente soldi. E non si tratta solo di immigrati. Secondo l'Istat, una famiglia con un figlio a carico è considerata quasi povera se ha un reddito medio netto mensile inferiore ai 1.400 euro.  Di fatto la piccola borghesia è quasi scomparsa dalla metropoli lombarda, la media lascia la città per non stringere la cinghia, i ricchi stanno invece  sempre bene. Sono i cosiddetti "poteri forti", quelli che Luca Beltrami Gadola definisce nella sua newsletter on line, "Arcipelago Milano", i nostri "oligarchi".

Così il sempre bravissimo “cronista” Alberto Mazzuca ci racconta (Il Giorno 23 febbraio 2023) Milano, come è realmente, fuori dalla Scala e da Palazzo Marino. A questo quadretto della capitale economica d’Italia possiamo aggiungere altri dati preoccupanti, come l’inflazione italiana ai vertici europei; i dati sugli sfratti in continuo aumento, “una bomba sociale da disinnescare” (Avvenire, 23 febbraio 2023); i dati sull’andamento degli italiani all’estero (verso i 6 milioni quelli iscritti all’Aire) e soprattutto l’analisi sviluppata sugli stessi dalla sociologa Delfina Licata, responsabile del dossier annuale “Italiani nel mondo” (Il Sole 24 Ore 6 febbraio: “Sono anni che da questi dati emerge la fuga dei giovani come un campanello d’allarme per una società in piena crisi demografica. Di solito partono subito dopo aver ottenuto un titolo di studio, diploma o laurea, in cerca di un percorso professionalizzante da definire oltre confine. Ma con la pandemia abbiamo visto aumentare il trasferimento all’estero di molti con un’identità già ben definita”. Tale migrazione è, al Sud, “devastante” ma, negli ultimi anni, le nuove iscrizioni all’Aire provengono soprattutto dal Nord, da alcune zone di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna); i dati sull’occupazione giovanile e femminile (in diminuzione quest’ultima anche in Lombardia); i dati di un’indagine da Anaao Assomed (associazione di categoria dei camici bianchi che evidenzia che il 56 percento dei medici è insoddisfatto del proprio lavoro); i dati dell’industria edilizia che, stando alla dichiarazione delle associazioni costruttori, segnerebbe il rischio di 25.000 fallimenti se si toglie il folle superbonus messo giustamente in discussione dall’attuale governo (ma che diavolo di industria è quella  che rischia un numero di fallimenti epocale se si toglie questo sostegno pubblico?), e potrei continuare con questi dati così preoccupanti. Si tratta di dati che, purtroppo, non sono compensati dai dati brillanti dell’industria manifatturiera, ed in particolare delle esportazioni che, una volta di più, testimoniano la buona salute della parte migliore dell’Italia produttiva. Ma non è sufficiente. Né mancano altri settori della nostra comunità dove si lavora tanto e bene, raggiungendo risultati confortanti. Penso al terzo settore con tutta la componente del volontariato efficiente e bene organizzato, al turismo, ai segnali di punta dell’agroalimentare. Ma se così è, se l’Italia produttiva regge, perché da qualche tempo sono tormentato dall’immagine di un’Italia che, per certi versi, sembra un Paese dominato dalla cultura di un Paese dei Balocchi, dalla quale è urgente uscire? Per tre motivi fondamentali:

Il primo motivo è l’assistenzialismo ormai strutturale e penetrato a fondo nel sistema paese. Ad ogni problema, ad ogni difficoltà, ad ogni perdita o inefficienza si risponde con un: è necessario un bonus, lo Stato deve intervenire, lo Stato deve compensare. Non vogliamo prendere atto che l’insieme di malgoverno, ritorno della guerra nel cuore dell’Europa, ritorno dell’inflazione ci hanno resi tutti più poveri (salvo i titolari di rendite e le centinaia di bande bassotti che tormentano il Paese). Dobbiamo semplicemente prendere atto che il nostro stile di vita deve essere adattato alla nuova realtà economica e sociale. È in un Paese dei balocchi che ci si può illudere ed illudere che si può essere sempre in festa, che si può vivere bene senza andare a scuola, senza studiare, senza lavorare, senza pagare dazio. Come si può sfuggire all’immagine del Paese dei Balocchi, quando si vede l’Assemblea della Regione siciliana, la regione peggio amministrata d’Italia e forse d’Europa da tempo immemorabile, approvare, con la velocità della luce, una indennità aggiuntiva per tutti i suoi membri, di quasi 900 euro come indicizzazione ISTAT all’inflazione. Eppure, c’è stato chi aveva proposto di sospendere questo fulmineo adeguamento, in attesa di capire più a fondo la natura e la portata della nuova ondata inflazionistica. L’assenza di meccanismi automatici di adeguamento dei compensi agli indici inflattivi ISTAT rappresenta la più importante differenza con l’inflazione degli ultimi decenni del ‘900 e, insieme, la speranza di riuscire a governare meglio l’inflazione. La  fretta irresponsabile con la quale si è mossa l’Assemblea siciliana porta con sé questo messaggio: noi crediamo che l’inflazione sarà dura e lunga, che i governi non riusciranno a governarla e a contenerla, che, dunque, chi può si difenda da solo e più in fretta che può: questa inflazione è, come sempre, una grande operazione di espropriazione dei risparmi dell’Italia del lavoro che colpisce i più deboli e i più lenti.

E come si può non parlare di Paese dei Balocchi se vediamo da numerose fonti autorevoli il ritorno della proposta di ripristinare il finanziamento pubblico dei partiti? E come si può non parlare di Paese dei Balocchi di fronte all’indecente pasticcio che sono riusciti a fare con il superbonus immobiliare? 

Ma se vogliamo soffermarci su esempi più leggeri, possiamo ricordare che, recentemente, in uno dei licei storici milanesi, sono stati installati dei distributori gratuiti di assorbenti femminili per le studentesse. Grazie ad uno sponsor trovato dalle intraprendenti studentesse la distribuzione è, per ora, senza oneri per la scuola e per lo Stato. Ma ciò che preoccupa è che il pensiero sottostante si articola come segue: “Pensiamo che le superiori debbano fornire tutti i bagni di assorbenti gratuiti  che assicurino  agli studenti l’accesso a un bene primario: il ciclo non è un lusso”. E richieste analoghe di mettere a carico dello Stato gli assorbenti delle studentesse sono già emerse in alcune Università. 

Il secondo motivo è l’assenza sempre più evidente di realismo nella politica. 

Questo motivo è stato illustrato molto chiaramente sul Corriere della Sera dell’8 febbraio 2023 da Angelo Panebianco in un ottimo articolo dal titolo: “Realismo e politica. Le poche (ma buone) riforme”:

Sovraccarico. Facciamo un elenco, alla rinfusa, dei compiti che ufficialmente si è assunto il governo. Attuazione del PNRR, riforma della giustizia, riforma della pubblica amministrazione, riforma delle istituzioni scolastiche all’insegna della ricostituzione del merito, riforma fiscale, rafforzamento del sistema di difesa e di sicurezza, rilancio dell’occupazione del mezzogiorno (condizione indispensabile per superare l’assistenzialismo tipo reddito di cittadinanza), abbattimento dei tempi di realizzazione delle opere pubbliche (c’è pure il ponte sullo Stretto!). E poi autonomia differenziata, presidenzialismo. All’elenco vanno aggiunte le complicate negoziazioni in sede europea (la partita dei fondi comunitari, una nuova politica di contrasto all’immigrazione clandestina, eccetera). La lista è sicuramente incompleta. Nemmeno una compatta squadra di preparatissimi mandarini cinesi dediti anima e corpo al servizio dell’imperatore, riuscirebbe a fare, in cinque anni, (quanti ne dura una legislatura), la metà delle cose elencate. Figurarsi una coalizione di governo con diverse anime in competizione e che, per di più, ha al suo interno, oltre a persone di qualità, perfettamente adeguate per il ruolo che ricoprono, anche altre (affaire Delmastro-Donzelli) che non lo sono”.

Ma promettere scoprendo di non poter mantenere è tipico da Paese dei Balocchi e molti dei personaggi che vediamo agitarsi in televisione non danno soprattutto la sensazione di essere dei giocherelloni? Noi dovremmo riprendere la linea di serietà politica della quale diede prova il presidente del consiglio il bresciano Zanardelli al termine del suo memorabile viaggio in Lucania (1903) in un bellissimo discorso agli amministratori locali, nel Teatro Stabile di Potenza: la sala era addobbata con i gonfaloni delle città di Brescia e Potenza, entrambe medaglia d’oro al valore risorgimentale. Zanardelli tenne un discorso semplice ma profondo, suddiviso in tre parti. In una prima parte ricuperò la memoria degli eventi e delle persone lucane che hanno onorato l’Italia, quasi a voler stimolare la fiducia in sé stessi nella popolazione lucana. Nella seconda parte, senza nulla concedere al buonismo, analizzò con realismo i gravi problemi che la regione deve affrontare e superare. Nella terza parte assicurò l’impegno del Governo a collaborare nell’affrontarli, anche se evitò di essere largo di promesse perché: “piuttosto che espormi a promettere e non eseguire vorrei eseguire il non promesso”.

Il terzo motivo è l’avidità dei partiti politici abbinata in molti casi alla loro conclamata incompetenza.
Il terzo motivo è l’avidità dei partiti e di molti uomini politici abbinata, in molti casi, alla loro conclamata incompetenza. Sono ben consapevole del rischio di cadere nel moralismo o nel qualunquismo, facendo di tutta l’erba un fascio. Ma non possiamo non correre questo rischio se vogliamo capire perché la partecipazione alle votazioni politiche e amministrative sia in caduta libera, raggiungendo ormai livelli molto pericolosi e preoccupanti per la sopravvivenza democratica. 

L’insieme di questi fattori, i tre motivi che interagiscono fra loro, fecondandosi e rafforzandosi a vicenda, insieme ad altre disfunzioni negative, come la debolezza e la precarietà della giustizia, l’insufficienza di parte della scuola, lo sgretolamento del Servizio Sanitario Nazionale, diffondono, in parte della popolazione, le credenze proprie del Paese dei Balocchi e cioè che in questo Paese si possa vivere bene, lieti e felici senza lavorare seriamente, senza andare a scuola seriamente, senza ammalarsi mai, ma sempre giocando e festeggiando. Il radicarsi di queste credenze è un rischio cruciale per la nostra economia, per la nostra società e ancor più per la sopravvivenza della nostra democrazia. Nella democrazia dell’epoca classica di Atene un ruolo fondamentale veniva attribuito alla parola “parrēsia”. Pensiamo a Socrate, “colui che sicuramente preferisce affrontare la morte piuttosto che rinunciare a dire il vero; colui che mette in pratica questo dire il vero ed esprime il suo pensiero senza nascondimenti, non alla tribuna, nell’Assemblea o davanti al popolo” (Michael Foucault, Il coraggio della verità, Corso al Collège de France (1984), Feltrinelli 2011. Questo bellissimo testo riproduce l’ultimo corso di Michael Foucault, che scava profondamente nel concetto di “parrēsia”). Socrate è l’esempio più illustre di parresiasta, cioè colui che pratica la “parrēsia”, che è il coraggio di dire l’intera verità su fatti che interessano la comunità sapendo di correre dei rischi per questo. La parrēsia è in realtà, nella cultura ateniese, anche un diritto che va difeso ad ogni costo, perché è proprio ciò che fa di un individuo un libero cittadino, perché la città ha bisogno della verità per esistere. La teoria e la pratica della parrēsia è estremamente complessa e Michael Foucault, nel suo citato testo, ci accompagna nelle profondità di questa affascinante complessità. Ma il punto centrale, ai nostri fini, è proprio questo dovere-diritto di dire con coraggio la verità. Il contrasto con il nostro tempo che pratica e teorizza le “fake news”  è, invece,  drammatico. Dicono professionalmente il falso non solo i politici partitanti per rincorrere una elezione, non solo i giornali – partito o i giornalisti asserviti a questo o quel padrone, ma i governi, gli enti di ricerca e di gestione dei dati e, negli ultimi anni, anche quel baluardo di serietà, verità e indipendenza, cioè di parrēsia, che era, una volta, la Banca d’Italia, ormai caduta anch’essa nel grande e variegato mondo dei cantastorie. È la mancanza di parrēsia la malattia più grave della nostra società sia internazionale che del nostro Paese, e la responsabilità maggiore della nuova classe dirigente e quindi anche dei vertici professionali sarà di affrontarla e correggerla. 

Il primo passo della parrēsia  è, nel nostro tempo, quello dell’esigenza di uscire dal Paese dei Balocchi. Il nostro Paese e i tempi di ferro che ci aspettano richiedono un coraggioso, onesto e vigoroso impegno di tutti. “Mettetevi alla stanga” diceva De Gasperi nei primi anni del secondo dopoguerra ai giovani democristiani che si lamentavano per non venire sufficientemente considerati. Gli sforzi e i sacrifici che i nostri figli e nipoti dovranno, nei prossimi anni, affrontare non sono minori di quelli che dovettero affrontare i nostri genitori negli anni della ricostruzione. Scrive Fulvio Scaparro in un libro molto bello: “Il senno di prima, reimparare la vita dai bambini, una risorsa impensabile” (Salani editore, 2022): 

Il successo crescente dell’illegalità, nel pubblico e nel privato, l’autoassoluzione e il “condonismo” diffusi, vedono premiati i furbi e umiliati gli onesti. Sempre più mi convinco che oggi la vera trasgressione consiste nel vivere nella legalità, senza timore di affrontare il prezzo salato che il rispetto delle regole del gioco comporta e senza paura di lottare contro chi gioca barando. La nostra esistenza deve tornare al rispetto dei patti di convivenza che i nostri padri e le nostre madri hanno conquistato un tempo a caro prezzo e che non meritano di essere svenduti in questo modo”.

La libertà si ritrova vedova perché “è vedova di noi tutti” (Albert Camus, La rivolta libertaria, Elèuthera, Milano 1998) e ciò perché “abbiamo dimenticato che il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza” (Karl Popper, La Società aperta e i suoi nemici,  Armando, 1974). Sia Camus che Popper sono citati da Fulvio Scaparro che cita anche un testo di Ortega y Gasset, del 1930, dedicato a “L’epoca del signorino soddisfatto” o del “bimbo viziato”. Sembra che parlino tutti del nostro tempo e delle gravi sfide che dobbiamo fronteggiare. Ed è proprio basandoci anche sull’esperienza dei nostri padri che possiamo imparare a rischiare, a “essere dunque avventurosi ma non avventurieri, coraggiosi ma non temerari” (Fulvio Scaparro).

Forse è un po’ temerario avanzare previsioni sulla durata o meno della attuale inflazione, Sappiamo troppo poco della stessa, della sua natura, delle sue radici, delle sue convenienze, dei suoi effetti. Ma non è temerario ammonire che è necessario essere preparati al peggio. L’inflazione danneggia molti e va a vantaggio di pochi. Ma questi pochi possono essere sui reggitori più influenti dei molti. L’inflazione spesso dipende da cause lontane sulle quali abbiamo scarsa o nulla influenza. Ma spesso è, invece, frutto di una precisa politica, voluta da chi ne trae vantaggio. Perciò, come diceva Popper, bisogna sempre vigilare se vogliamo difendere quello che resta della nostra libertà, riconquistata dai nostri padri a così duro prezzo. E il primo passo per questa vigilanza è uscire dalla mentalità e cultura da Paese dei Balocchi nella quale molti, troppi italiani restano immersi.

Marco Vitale

Inflazione, prime istruzioni per l’uso

Tempo di lettura 7 min.

Già nella nostra Newsletter 15 dell’aprile 2022 abbiamo affrontato la questione dell’inflazione, riprendendo quanto, nel novembre 2021 (Newsletter 14), avevamo scritto e cioè meravigliandoci che all’epoca non si parlasse abbastanza dell’inflazione di cui erano invece assolutamente evidenti i segnali.
Oggi che l’inflazione è un dato certo, ritorniamo sull’argomento perché è nostra convinzione che, a differenza di quanto si sente dire da più parti, tra cui dalla Banca d’Italia, l’inflazione è qui per rimanere e quindi dobbiamo attrezzarci ad affrontarla e a conviverci per non breve tempo.

L’inflazione durerà perché le cause che l’hanno provocata sono ancora in azione: una su tutte l’enorme offerta di moneta che dal 2008 ha inondato i mercati (ed è questo che ci fa anche dire che l’inflazione era ampiamente prevedibile). 

Gli effetti dell’eccesso di liquidità sono poi stati ampliati ed accelerati dalla pandemia e dalle sue conseguenze: immissione di ulteriore liquidità a sostegno di famiglie ed imprese, shortage delle materie prime, congestione delle catene globali di fornitura e la necessità di una loro ricomposizione.

Lo scoppio della guerra ed i suoi effetti sui prezzi dell’energia e di tante materie prime, soprattutto alimentari, che arrivano dall’Ucraina, accompagnati dagli effetti delle sanzioni sono stati un ulteriore fattore di spinta del fenomeno inflattivo, così come le controversie commerciali e geopolitiche, una su tutte lo scontro in corso USA-Cina.

Non ultime le dinamiche demografiche, con l’invecchiamento della popolazione dei Paesi sviluppati, di cui si parla ancora troppo poco, ma che portano a limitazioni della produzione e dell’offerta.

Nel 2022, su base annua, i prezzi alla produzione sono aumentati in tutti i paesi: in Germania del 25,9% ed in Italia del 35%. Il prezzo alla produzione dei cereali è cresciuto del 35%, le patate del 88%, il latte del 30%. 

Le dinamiche dei prezzi alla produzione, e ne abbiamo citati solo alcuni come esempio, si riflettono sui prezzi al consumo con effetto ritardato, ma prima o poi devono scaricarsi completamente sul mercato, diversamente vanno in crisi le imprese produttive.

È altresì inevitabile anche che le dinamiche dei prezzi al consumo determinino, giustamente, aumenti salariali, diversamente vanno in crisi i consumi e le famiglie.

Tutti questi elementi, che abbiamo qui rappresentato evidentemente in modo sommario e schematico, confermano che l’inflazione è qui per restare e quindi dobbiamo chiederci cosa dobbiamo fare come uomini responsabili di impresa per affrontare al meglio questo scenario che oggi è nuovo per gran parte dei manager e degli imprenditori.

Infatti, l’inflazione è un fenomeno con cui le nostre imprese non sono più abituate a convivere. E considerando che, come abbiamo cercato di spiegare prima, non sarà un fatto temporaneo, questo è un problema. Negli anni ‘70 del secolo scorso c’erano imprenditori e manager che avevano imparato a gestire l’inflazione, alcuni molto bene, ma oggi non ci sono più, alcuni saranno in pensione, altri hanno scordato. Le università non formano più sul tema inflazione da molto tempo ormai.

Quindi l’inflazione, oltre ad essere un problema economico e sociale, che non colpisce tutti in modo uguale (i redditi bassi e medi sono più penalizzati e quindi l’inflazione aumenta le diseguaglianze) è un problema manageriale ed organizzativo non indifferente che non possiamo permetterci di sottovalutare, archiviandolo tra le questioni passeggere.

Dobbiamo quindi imparare, di nuovo, a convivere con l’inflazione; dobbiamo soprattutto imparare a gestirla. 

Vogliamo quindi di seguito dare alcuni spunti di riflessione che pensiamo possano essere utili per avviare nelle imprese i necessari percorsi di apprendimento e di adattamento del modo di lavorare.

  1. Non c’è una inflazione ma più inflazioni

    Ogni settore, ogni prodotto ha la sua propria inflazione, dotata di una propria dinamica. Quindi ogni linea del conto economico, sia di ricavo che di costo ha la sua inflazione e dobbiamo esaminarla, studiarla, capirla e, almeno quando facciamo budget e piani, stimarla.
  1. Non possiamo farci guidare solo dal tasso di inflazione generale

    L’indice generale dell’inflazione è la media ponderata riferita ad un paniere di beni, ed è in genere inferiore agli aumenti dei singoli fattori produttivi o prodotti finali di consumo. Nelle decisioni aziendali quindi non possiamo fare riferimento solamente all’indice generale dei prezzi, dobbiamo andare dentro la nostra specifica inflazione, sia lato costi che prezzi di vendita. Dobbiamo calcolare la nostra propria inflazione, l’inflazione del nostro paniere.

    È del tutto evidente che per poter ben affrontare questa parte del problema serve un sistema di costing e di controllo adeguato. Quanto è la reale conoscenza della formazione del costo di produzione? Abbiamo un sistema di costing adeguato? Il nostro sistema di controllo di gestione funziona? Ci dà le corrette informazioni nei tempi e nei modi corretti?
  1. Velocità di reazione

    L’obiettivo è quello di difendere il profitto reale e non quello nominale perché è evidente che l’inflazione nei costi dei fattori produttivi, se non gestita adeguatamente sul fronte dei prezzi di vendita, erode il profitto. 

    Quindi si deve avere una grande reattività ad adattare i prezzi di vendita, meglio fare variazioni preventive dei listini senza aspettare che si subiscano gli aumenti sul lato dei costi.

    In questo ambito si dovrà lavorare per modificare le modalità di trattativa con i clienti. 

    In alcuni settori sarà più complicato (ad esempio nei settori del largo consumo che trattano con la GDO) ma non sarà più possibile lavorare con listini annui, questo è un dato di fatto.
  1. Focus sul valore per il cliente

    Si deve lavorare con grande attenzione per comprendere la percezione di valore che il cliente/consumatore ha verso il nostro prodotto o servizio, per comprendere le conseguenze delle variazioni sul prezzo. Bisognerà capire l’elasticità della domanda al prezzo ed in questo ambito riesaminare criticamente il complessivo sistema di offerta per capire se è ancora adatto ai nuovi livelli di prezzo/valore percepito e se sarà necessario modificarlo con riferimento a: qualità, utilità, servizi annessi e loro livello, flessibilità, standardizzazione, customizzazione; in sostanza tutto ciò che definisce il sistema di offerta e quindi il valore percepito dal cliente/consumatore.

    Queste considerazioni portano inevitabilmente a ripensare le politiche e le strategie di investimento, sul prodotto (per intervenire sul valore percepito) e sui processi produttivi (aumentare l’efficienza produttiva è infatti una delle risposte per contenere la propria inflazione), ma anche sulla comunicazione, per lavorare sul valore percepito e sul brand per sostenere prezzi e volumi.
  1. Il posizionamento competitivo è ancora più importante

    Lavoro che deve essere fatto sia con riferimento ai competitors che ai clienti/consumatori, infatti, le imprese con maggior potere sul mercato (che può essere determinato da numerosissimi fattori) sono avvantaggiate perché possono trasferire meglio e più velocemente gli aumenti dei costi sui prezzi di vendita. I prodotti con maggiore distintività hanno un più elevato valore percepito e quindi minore elasticità al prezzo. 

    Si tratta evidentemente di aspetti e decisioni che, nel breve termine, posizionano le analisi e la determinazione delle strategie e nel medio lungo termine gli effetti delle azioni intraprese e degli investimenti necessari.
  1. L’inflazione è anche un problema organizzativo

    Da quanto detto sopra è evidente che l’inflazione è un problema che coinvolge tutte le funzioni aziendali e tutti i livelli organizzativi, nessuno escluso. 

    La gestione dell’inflazione deve essere una gestione integrata e coordinata, con un approccio sistemico. Devono essere infatti molto chiare, per poterle governare, le interrelazioni che ci sono tra le funzioni aziendali e gli effetti a cascata delle singole decisioni nelle singole funzioni.

    Produzione, R&S, marketing, vendite, logistica, qualità, controlling, direzione generale mai come in periodi di inflazione devono lavorare all’unisono, coordinati e consapevoli delle relazioni di interdipendenza e degli effetti sulla redditività e competitività di comportamenti non coordinati.

    In questo senso il ruolo della direzione, la consapevolezza collettiva, la condivisione e la comunicazione interna di strategie ed obiettivi sono perciò fattori strategici competitivi determinanti.
In sostanza dobbiamo adattare i nostri comportamenti ed i nostri modi di prendere le decisioni, sia operative che strategiche, al nuovo contesto inflattivo, avendo consapevolezza dello scenario nuovo, coniugando un approccio gestionale di breve termine a quello di medio lungo termine. Tutto ciò, tra l’altro, ci aiuterà ad arrivare pronti ai prossimi eventi imprevedibili che, inevitabilmente, ci chiederanno ulteriori adattamenti.

Notizie IN

La Corte costituzionale tedesca conferma il Recovery Fund bocciando i ricorsi contro il meccanismo comune

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Martedì 6 dicembre 2022 la Corte costituzionale tedesca ha confermato la legittimità del meccanismo alla base del Recovery Fund, che prevede il finanziamento di piani di riforma e investimento degli Stati membri concordati con Bruxelles con debito UE. 

Si tratta di una notizia IN molto importante, perché conferma un meccanismo di debito comune senza precedenti nella storia UE.

Come ricostruito sul Sole 24 Ore il 7 dicembre 2022 (G.D.D., Bocciati i ricorsi contro il Recovery Fund), il Parlamento tedesco aveva ratificato a marzo 2021, ma la legge era stata impugnata da Bernd Lucke, un ex esponente del partito di destra radicale Alternative für Deutschland e dal comitato civico Bündnis Bürgerwille, che rappresenta quasi 2.300 persone.

La richiesta di sospendere la ratifica in attesa dell’esame della Corte costituzionale era stata subito respinta, ma ora la Corte costituzionale tedesca ha emesso la sua sentenza, con un verdetto adottato a maggioranza dei giudici coinvolti (sei a uno), dichiarando illegittimi i ricorsi.

La Corte Costituzionale tedesca non ha, infatti, riscontrato violazioni della clausola “no-bailout”, secondo la quale alla UE e ai suoi Stati membri è vietato assumersi la responsabilità per il disavanzo di un altro partner: questo non è apparso il caso del Recovery Fund, nonostante tra i suoi obiettivi ci sia anche quello di allentare la pressione dei mercati sui Paesi indebitati. In particolare, la sentenza stabilisce che l’atto di ratifica non viola il diritto all’autodeterminazione né “comprime la responsabilità di bilancio del Bundestag”. 

Il programma “non viola palesemente” le norme Ue, come ha dichiarato Doris Konig, Vicepresidente della Corte, leggendo la sentenza. Il Recovery Fund, infatti, “è limitato all’eccezionale necessità di fare fronte alle conseguenze della crisi del Covid e quindi è destinato a uno scopo specifico”, cosa consentita dai trattati dell’Unione, che prevedono meccanismi di solidarietà in caso di “disastri naturali o eventi eccezionali”. 

Il Ministro delle finanze tedesco Christian Lindner, ha definito la sentenza “una buona notizia”, pur sottolineando come la stessa indichi “che il prestito congiunto in Europa ha carattere eccezionale e non è quindi ammesso per il finanziamento generale di obiettivi politici. Un dato importante alla luce di alcune attuali proposte in discussione”. Forse preannunciando una nuova ondata di riflessioni sul tema alla luce del fatto che l’invasione dell’Ucraina ha riaperto il dibattito sulla possibilità di ricorrere nuovamente a debito comune per accelerare l’indipendenza energetica dalla Russia e dai combustibili fossili e per rafforzare le capacità militari dei paesi dell’Unione.

Inflazione alimentare in discesa?

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Secondo quanto illustrato da Marcello Minenna su Il Sole 24 Ore del 14 dicembre 2022, ci sono validi motivi per ritenere che, in tema di inflazione alimentare, il peggio sia alle spalle.    

“Negli ultimi mesi, l’inflazione dei beni alimentari primari sui mercati internazionali ha rallentato la sua corsa, concedendo respiro a fronte di situazioni difficili per i Paesi in bolletta alimentare più esposti in Africa, Asia meridionale e Medio Oriente. A novembre 2022, l’incoraggiante trend di calo sembrava però essersi arrestato, rinfocolando le preoccupazioni per una crisi alimentare globale”. Considerando l’andamento del FPI (Food Price Index, l’’indice benchmark della Food and Agriculture Organization, che tiene traccia dei prezzi sui principali mercati mondiali) si verifica che, dopo 8 mesi di cali consecutivi, l’indice ha assunto un andamento piatto, mantenendosi ad un livello superiore “a quelli che hanno innescato le grandi crisi alimentari del recente passato”. 

La scomposizione dell’indice che Minenna illustra, però, lascia intravedere qualche segnale positivo che ci permette di riportare questa notizia nella sezione notizie IN: “la stasi dell’indice dipende, infatti, dall’andamento volatile del prezzo di pochi beni di largo consumo: grano, mais e olio d’oliva. I cereali sono ostaggio dell’incertezza estrema nel quadrante russo-ucraino, mentre il prezzo dell’olio d’oliva risente del pessimo raccolto nell’area mediterranea (Spagna, Italia), condizionato dalla siccità estiva estrema. Per il resto, si conferma un calo generalizzato per carne, pesce, latte e tutti i cereali minori, mentre il prezzo del riso conferma una notevole stabilità nel tempo nonostante gli shock multipli all’economia globale”.

Alla luce di ciò, l’ottimismo sull’inflazione alimentare è giustificato da alcuni fenomeni:

  • sul fronte della raccolta del grano, l’Australia (secondo esportatore di grano al mondo dopo la Russia) ha chiuso un raccolto record e buone prospettive si raccolgono anche da Canada e Brasile; 
  • sul fronte dei commerci internazionali, Russia, Turchia e Ucraina, sotto l’egida delle Nazioni Unite, hanno riattivato l’accordo che consente il transito marittimo dei carichi di grano e sembra che, in generale, si stia registrando da alcune settimane una progressiva eliminazione dei divieti alle esportazioni (dopo che nel 2022, 86 nazione avevano modificato le proprie politiche commerciali sui prodotti alimentari e ben 34 imposto misure restrittive sulle esportazioni, con un trend di rientro alla normalità che sembra più rapido di quello successivo alla crisi del 2007-2008).

“In definitiva, i segnali provenienti dai prezzi alla produzione dei beni alimentari confermano il trend di disinflazione avviato a metà 2022. Ci vorranno 2 o 3 mesi prima che il calo dei prezzi si possa percepire lungo tutta la catena del valore, portando sollievo ai consumatori europei. Ma ci arriveremo.”

La fusione nucleare è a una svolta storica

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La fusione nucleare è a una svolta storica

È quanto ha annunciato la Segretaria USA all’Energia Jennifer Granholm, come riportato dal Sole 24 Ore di mercoledì 14 dicembre 2022, definendo un “risultato storico” quello conseguito da un team di scienziati americani che, per la prima volta, ha ottenuto un guadagno netto di energia dalla fusione nucleare, che non genera scorie di lungo periodo ed appare una tecnologia potenzialmente in grado di fornire elettricità pressoché illimitata a zero emissioni di carbonio.

L’esperimento è stato condotto il 5 dicembre scorso alla National Ignition Facility del Lawrence Livermore National Laboratory in California ed ha ottenuto la generazione di 3,15 Megajoule di energia a fronte dei 2,05 Megajoule che erano serviti per innescare la reazione, con un guadagno di più del 50%. L’avvenimento rappresenta una “pietra miliare” che “ci avvicina alla possibilità di produrre energia a zero emissioni di carbonio per alimentare la nostra società”, come ha sottolineato Granholm.

Ci vorranno ancora decenni prima di concepire un’applicazione commerciale per generare energia pulita e illimitata con la fusione e, come ha dichiarato Kim Budile, direttrice del Lawrence Livermore National Laboratory, dove il test è stato condotto, “ci sono ostacoli molto significativi, a livello scientifico e tecnologico”, ma il risultato è senza dubbio un traguardo molto importante.

La tecnologia utilizzata nell’esperimento è quella del contenimento inerziale, basata su fasci di potenti laser che sparano simultaneamente su una microsfera contenente deuterio e trizio, la quale, sotto i raggi laser, implode nel plasma comprimendo i due elementi e innesca la fusione, rilasciando i neutroni che vengono catturati per produrre energia. Il problema di questa tecnologia è che non si può riprodurre in maniera costante, ma dopo ogni test la macchina va lasciata raffreddare per almeno un giorno prima di ripeterne un altro. 

Sull’”energia delle stelle”, come viene definita la fusione nucleare, si stanno concentrando investimenti miliardari, a partire da quelli previsti nell’Inflation Reduction Act, con cui l’Amministrazione Biden sta investendo quasi 370 miliardi di dollari in nuovi incentivi per le fonti di energia a basse emissioni di carbonio, che riguardano soprattutto la tecnologia a confinamento magnetico, alternativa a quella del contenimento inerziale, che prevede invece grandi magneti superconduttori che controllano il plasma all’interno di strutture toroidali e che si mantengono sempre accesi: è questo il caso di Iter, il più grande progetto nucleare della storia in cui 35 nazioni lavorano nel sud della Francia a un gigantesco reattore da 25  miliardi di dollari; ma anche quello di Commonwealth Fusion Systems, azienda costituita dal MIT di Boston che ha portato allo sviluppo del mini-reattore pilota Sparc, il cui primo azionista è ENI.

Notizie OUT

Telco, scattano i rincari automatici
delle tariffe collegati all’inflazione

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La notizia è riportata da Andrea Biondi su Il Sole 24 ore del 25.01.2023:

“Di base c’è un cambiamento radicale, copernicano: le compagnie telefoniche prospettano ai propri clienti rincari automatici, indicizzati all’inflazione, che proprio per questo automatismo, secondo le telco interessate dalla vicenda, TIM e Wind Tre, non darebbero adito a diritto di recesso”. 

Le due Società hanno infatti comunicato sui propri siti web modifiche alle “condizioni dei propri contratti, sia nuovi che in essere, per garantirsi la possibilità, a partire dal 1 gennaio 2024, di modificare in qualsiasi momento le tariffe applicate ai loro servizi, adeguandoli al tasso annuale di inflazione Istat”.

Le Associazioni dei consumatori sono scese in campo contro il meccanismo che, come hanno scritto in una lettera a Governo – presidenza del Consiglio, ministero delle Imprese e del Made in Italy e sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti – oltre che dell’Agcom e dell’Antitrust, “limita la libera scelta del consumatore di disdire senza conti il contratto, in quanto esclude che si tratti di una modifica contrattuale unilaterale”. 

La notizia ci sembra “out” soprattutto perché questi automatismi vengono collegati a un tasso d’inflazione che può rappresentare una punta dell’inflazione attesa. Il pericolo è quello che abbiamo già denunciato in relazione al comportamento dell’Assemblea regionale siciliana e cioè di dar vita a una corsa automatica agli aggiustamenti inflazionistici prima che si sia presa coscienza e misurazione corretta del tasso d’inflazione non momentaneo. Questo vale per tanti campi e in particolare per i mutui che sono stati subito adeguati sulla base dei dati massimi dei costi energetici, che in parte sono già rientrati.

Stop alle automobili a motore termico e riutilizzo degli imballaggi: danni del “talebanismo ambientalista” in Europa

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Il 27 ottobre 2022 Parlamento europeo e Consiglio europeo hanno raggiunto un accordo che fissa in maniera definitiva lo stop alle vendite di automobili a motore termico dal 2035. 

Si tratta, come ben descritto da Francesco Pontelli su ilpattosociale.it, nell’articolo “Il nuovo socialismo europeo”, leggibile a questo link, di un divieto che ha validità solo all’interno del continente europeo e che si muove nella direzione di annullare “la supremazia tecnologica in ambito automotive europeo ed espressione di decenni di investimenti umani, professionali ed infrastrutturali”, imponendo misure che non tengono in alcun conto gli interessi delle eccellenze industriali espresse dai singoli paesi dell’unione, in favore di un’acritica adesione ad estremismi ambientalisti.

Nella stessa direzione si muove la “volontà espressa dal commissario olandese Timmermans di imporre il concetto di riutilizzo degli imballaggi, molto caro al talebanismo ambientalista, preferito al riciclo nel quale il nostro Paese rappresenta un’eccellenza in ambito europeo, avendo raggiunto nel 2021 il 70% del recupero: un obiettivo che la UE aveva posto per il 2030”.

Ci sembrano gravi notizie out, perché dimostrano che le istituzioni europee sono suscettibili alle mode di un ambientalismo estremo, quando invece la sostenibilità vera è una cosa ben più seria e meriterebbe approcci più equilibrati.

Fortunatamente, però, l’esecuzione sulla sedia elettrica del motore a combustione interna, il cui destino sembrava segnato, è stata, per ora, sospesa all’ultimo momento da una minoranza di blocco – Italia, Germania, Polonia e Bulgaria – che ha indotto la Presidenza di turno svedese a rinviare la discussione del Consiglio UE sul regolamento sulle emissioni dei veicoli leggeri a data da destinarsi.

Proverbi riletti per l'impresa

Proseguiamo con i proverbi popolari che possono contenere insegnamenti validi anche per una buona gestione d’impresa.
Suggeriamo un proverbio siciliano tratto dal libro di Marco Vitale
I proverbi di Calatafimi, pag. 121, Edizioni Studio Domenicano, 2009.
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“Veni lu tempu chi la rota vota, ma ‘un è sempri chi la fortuna ajuta"

Viene il tempo che la ruota della fortuna gira, ma non si sa da che parte gira


“…Si tratta di una visione realistica della vita, con un grande rispetto per le forze che la dominano, visione nella quale si fondono il retaggio della cultura greca, della cultura contadina (che quotidianamente affronta la buona e la cattiva sorte), della cultura araba, ma non in una chiave fatalistica negativa.

È piuttosto una consapevolezza dei limiti umani, un richiamo al biblico “Estote parati”, per affrontare al meglio la buona e la cattiva sorte. Perché è anche vero che “A fortuna i sfacciati l’aiuta, e l’affruntusi i rifiuta” (la fortuna aiuta i coraggiosi e respinge i timidi; traduzione popolare di quello che già Virgilio nell’Eneide, Libro XV, 283, aveva detto: “Audentes fortuna, juveat, timidosque repellit”). E soprattutto: “Cori forti rumpi la mala sorti” (un cuore forte spezza la mala sorte). 

Quest’antica, realistica e, in parte, triste saggezza è utile anche per noi: per il nostro tempo largamente incosciente ed erroneamente convinto che l’uomo, grazie alla tecnologia, sia in grado di affrontare e governare ogni problema; per le nostre fragilissime città; per il nostro scivolare su una lastra di ghiaccio sempre più sottile rallegrati da una spensierata musichetta”.

Per non dimenticare

“Il reddito di cittadinanza? In realtà, un classico”

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Per la sezione “per non dimenticare” pubblichiamo l’articolo di Aristide Malnati tratto da QN dell’11 dicembre 2022 che ricostruisce la storia del fenomeno del reddito di cittadinanza, per non dimenticarne l’origine ma nemmeno i limiti anticamente noti.
Leggi l'allegato

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Crisi del capitalismo

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Pubblichiamo in questa sezione l’Intervista a Jacques de Larosière, ex Governatore della Banca di Francia, tratta da Il Sole 24 Ore dell’8 gennaio 2023.

«Siamo in una crisi del capitalismo sconcertante e c’è un problema morale serio»
Jacques de Larosière. Ex Governatore della Banca di Francia (oggi 93enne) ha visto da molto vicino tutti gli snodi economici del secondo Novecento. E avverte dei rischi che ci attendono.
Beda Romano

Al servizio dell’economia. Jacques de Larosière de Champfeu (1929) è stato presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo dal 1993 al 1998. In precedenza è stato governatore della Banque de France dal 1987 al 1993 e amministratore delegato del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) dal 1978 al 1987 afp


[…] Ai più giovani il nome di Jacques de Larosière potrebbe dire poco. Eppure, è stato ai vertici della finanza internazionale per oltre due decenni. Direttore del Tesoro quando il ministero delle Finanze francese aveva sede in un’ala del Louvre, direttore generale del FMI, governatore della Banca di Francia, presidente della Banca europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo.

Oggi, a 93 anni, è diventato un combattivo uomo di lettere. Ha appena pubblicato un volume che nonostante tabelle e grafici si vuole «un libro di scienze morali e di scienze politiche». Il titolo del volume è perentorio: En finir avec le règne del’illusion financière (Odile Jacob). In poco più di cento pagine, l’autore denuncia la deriva della finanza, proclama la crisi del capitalismo, avverte dei rischi per la democrazia. Secondo l’Istituto per la Finanza Internazionale (IIF), il debito globale, pubblico e privato, ha superato i 300 mila miliardi di dollari. Rappresenta il 360% del prodotto interno lordo (nel 1970 la ratio era al 100%). Nel contempo la valorizzazione degli attivi finanziari è cresciuta come non mai, a fronte di una economia rimasta stagnante negli ultimi venti anni.

«Con la fine degli accordi di Bretton Woods sono praticamente spariti gli elementi di disciplina monetaria. L’indebitamento illimitato è diventato il nuovo paradigma, facilitato naturalmente dall’impressione che il debito non costi nulla quando i tassi d’interesse sono vicini allo zero. In tempi normali, le curve di andamento del credito e dell’economia si sovrappongono. Oggi lo scarto è impressionante. Anche in passato il divario tra crescita del debito e crescita dell’economia fu in alcune circostanze ampio, ma le bolle furono sempre di corta durata».

Agli occhi del nostro interlocutore la situazione è insostenibile, «sconcertante», dice. Malgrado l’età avanzata, la lucidità di Jacques de Larosière non ha perso smalto. L’eloquenza è straordinaria, i toni signorili, l’uso delle parole preciso ed efficace. Chi scrive non può fare a meno di ricordare il linguaggio terribilmente insignificante, se non addirittura sboccato, di molti membri dell’attuale establishment in alcuni Paesi, e ne conclude ancora una volta che in fondo le loro parole nascondono, nel migliore dei casi, la pochezza dei loro argomenti.

Perché la situazione è così pericolosa? Prima di tutto perché quando il credito si accumula, la sua qualità diminuisce e poi perché un dato periodo di tassi d’interesse bassi non durerà mai per sempre. «Quando diventai direttore generale del Fondo, nel1978, notai rapidamente il forte indebitamento di molti Paesi in via di sviluppo. Chiesi a un mio collaboratore una nota di spiegazione. Qualche giorno dopo tornò dame, rassicurante, sostenendo che la crescita economica restava superiore al tasso d’interesse e che quindi la scelta di questi Paesi era razionale. Presi atto. Ma in cuor mio riecheggiarono le parole della madre di Napoleone che, quando giunse tra i fastidi Parigi dopo aver lasciato la Corsica, disse: “Purché duri…”».

Pochi mesi dopo, la Fed guidata da Paul Volcker avrebbe deciso di stringere aggressivamente il credito per lottare contro l’inflazione. Da lì a qualche settimana il forte aumento del servizio del debito provocò il fallimento di molti Paesi in via disviluppo. Il terzo motivo di apprensione è legato al fatto che il costo del denaro particolarmente basso non incita ad adottare riforme impegnative e, anzi, induce a dimenticare i problemi. «Come dice un ex ministro delle Finanze belga, la mano magica del debito ci tira fuori dai guai».

Infine, quarta e ultima fonte di preoccupazione: i governanti vivono nell’ansia di una improvvisa inversione di rotta delle Borse. Pur di evitare il peggio i banchieri centrali sono giunti al punto di acquistare titoli di credito sul mercato. «Cantiamo la gloria dei Greenspan, dei Bernanke, e anche dei Draghi perché hanno evitato al mondo la recessione, ma così facendo hanno perpetuato il vizio e coltivato l’azzardo morale degli investitori che sanno di poter contare sulla mano magica per tirarli d’impiccio. Nei fatti abbiamo socializzato il rischio».

Il costo del denaro vicino allo zero o poco più alto si è tradotto nella situazione illustrata a suo tempo da Keynes nella sua Teoria Generale: la trappola della liquidità. I tassi d’interesse bassissimi non consentono la remunerazione del risparmio e inducono gli investitori a mantenere il risparmio liquido, anziché investirlo. «L’investimento produttivo a lungo termine è ormai limitatissimo. Peraltro l’aumento della valorizzazione finanziaria non solo non è associato a una crescita dell’economia reale, ma è illusorio, superficiale, reversibile».

Stiamo vivendo una crisi del capitalismo? «Sì. Il capitalismo non può sopravvivere se coltiviamo di continuo l’azzardo morale. Come dicevo prima, abbiamo socializzato il rischio, e sono convinto che abbiamo cambiato paradigma. Quello attuale non ci permetterà di risolvere i problemi che abbiamo dinanzi, in primis l’invecchiamento demografico e la transizione climatica, che richiederanno generosissimi investimenti. Ma a differenza della rivoluzione industriale, la rivoluzione ambientale non creerà nuove risorse. Il suo obiettivo è di sostituire un kilowatt inquinante con un kilowatt pulito. La sostanza è che produrremo comunque uno stesso kilowatt».

Jacques de Larosière è nato nel 1929, nella Parigi della III Repubblica, in una famiglia che egli stesso definisce «borghese», «fedele alla religione cattolica», «con un elevato senso dell’onestà». Il padre era ufficiale di marina. «Al liceo ero un buon studente. Poi successivamente studiai lettere, diritto, scienze politiche. Nel 1958passai il concorso dell’Ecole Nationale d’Administration e iniziai una carriera nel ministero delle Finanze». Si fece notare da Valéry Giscard d’Estaing che lo nominò direttore del Tesoro nel 1974. Il resto è noto.

Come è possibile che nessuno o quasi abbia suonato l’allarme dinanzi al debito crescente? «In passato si temeva che le banche centrali fossero costrette dai governi a monetizzare il debito. Fu quindi deciso di rendere gli istituti monetari indipendenti dalla mano politica. Eppure, sono le stesse banche centrali ad avere partecipato attivamente alla finanziarizzazione del sistema economico con le cosiddette politiche monetarie non convenzionali. Oggi vivono nella paura di mercati finanziari ormai dominanti. E la paura, si sa, non è buona consigliera».

Il nostro interlocutore è convinto che la società non sia consapevole della portata del fenomeno. Certo la fine della convertibilità del dollaro in oro ha reso più duttile il sistema finanziario, consentendo di sostenere nuove attività. Ma a quale prezzo e quali sono le responsabilità ultime dell’alta amministrazione? «Quest’ultima ha abdicato al suo compito di difesa dell’interesse generale, assumendo nei confronti della classe politica un atteggiamento ossequioso, pur di moltiplicare i propri contatti e strappare un qualche avanzamento di carriera. Si tratta in fin dei conti di un problema morale».

In un rapporto del 2021, la società di consulenza McKinsey calcola che il 77%dell’aumento del valore netto del bilancio mondiale – vale a dire sia attività finanziarie che attività reali – è da imputare all’incremento dei prezzi e della valorizzazione dei titoli obbligazionari e azionari. Solo il 23% dipende dalla creazione di nuove risorse reali. C’è di più. Appena il 10% più agiato della popolazione mondiale ha beneficiato di questo aumento, mentre salari e stipendi sono stagnanti. «La finanziarizzazione non è più un mezzo nelle mani dell’economia reale, ma un fine, un obiettivo del capitalismo». Lo sguardo non può che correre al futuro dei regimi democratici in un contesto di profondi divari sociali. «La democrazia è una organizzazione sociale che permette di discutere gli orientamenti a lungo termine di una comunità. La qualità del dibattito è essenziale. La democrazia è esigente, va coltivata, e penso che due siano i suoi principali motori: la scuola, che deve insegnare a riflettere, e la stampa, che deve informare, incalzando se necessario i dirigenti politici ed economici. Nei due casi, siamo in difetto. Il dibattito è povero. Non vengono poste le giuste domande, e si genera l’inevitabile disinteresse degli elettori».

Dopo avere per decenni contribuito al governo del mondo, Larosière si rifiuta «di ripetere il catechismo dominante». Seduto su una poltrona piccola e scomoda nei saloni settecenteschi della rue d’Antin, Jacques de Larosière mi guarda all’improvviso negli occhi dietro le lenti cerchiate di metallo: «Mi ricordo quando Paul Volcker fu intervistato per l’ultima volta prima di lasciare la Fed. La sua intervistatrice era a disagio dinanzi alla personalità un po’ burbera del governatore. Gli chiese: se dovesse riassumere la sua principale qualità, come risponderebbe? La competenza? “No. Molti sono competenti”. La lucidità? “No. Molti sono lucidi. La parola giusta è il carattere”, rispose Paul Volcker. Intendeva dire la libertà di pensiero e di azione. Mi piacerebbe poter dire la stessa cosa…”.

VNZ News

Convegno “Sviluppo e sistema bancario”


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Il Convegno “Sviluppo e sistema bancario” organizzato da Vitale-Zane presso la sede centrale della Banca Popolare di Sondrio lo scorso 2 dicembre, ha avuto un grande successo, con presenze e riscontri molto numerosi e qualificati, corroborando la speranza che era alla base della sua progettazione: che potesse riavviare una riflessione sul ruolo del sistema bancario per lo sviluppo delle imprese e dei territori, con particolare attenzione alle banche territoriali, nell’ambito dello scenario economico nazionale e internazionale. La registrazione dell’evento è visibile qui.

 

Stefano Zane
all’incontro del PLEF


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Mercoledì 11 gennaio 2023 Stefano Zane ha partecipato come discussant all’incontro sul tema “Valutazione del BES (benessere equo sostenibile) d’impresa complementare alla valutazione economica patrimoniale” organizzato da PLEF (Planet Life Economy Foundation) nell’ambito del ciclo di seminari in collaborazione con UNIMI “Il potenziale innovativo dell’università degli studi di Milano e l’impresa sostenibile”. In dialogo con Luciano Pilotti, Professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano e Luca Pereno, Responsabile Sostenibilità e CSR / Leroy Merlin, ha inquadrato i temi della discussione nel più generale quadro della cultura di impresa: senza aver chiaro il concetto di impresa, il suo ruolo nello sviluppo delle nostre comunità e dei nostri paesi, qualsiasi approccio ai temi della sostenibilità, variamente declinati, rischia di essere sterile, trasformarsi in moda o ridursi a pura compliance. E questo non possiamo permettercelo. La registrazione dell’evento è visibile qui.

Il libro di Cotrugli in Cattolica a Milano


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Mercoledì 8 febbraio, presso l’Aula Pio XI dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, si è tenuta la presentazione della nuova edizione con versione in italiano contemporaneo del libro di Benedetto Cotrugli, “Il libro dell’arte di mercatura”, nell’ambito di un incontro organizzato congiuntamente dall’Università e dalla Fondazione Centesimus Annus. Alla presentazione del volume, pubblicato con un’importante introduzione di Marco Vitale e con il sostegno della Vitale-Zane, è seguita una tavola rotonda sul tema “Cosa possono imparare l’economia e la finanza di oggi dall’approccio olistico di Cotrugli?”, come da programma scaricabile qui

 

L’intervista di Marco Vitale su MIT


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Marco Vitale è stato intervistato da Chiara Lupi, sul tema dei fini dell’impresa e sugli elementi di successo delle start-up. L’intervista, pubblicata su MIT Sloan Management Review Italia, rivista italiana del Massachusetts Institute of Technology, è leggibile qui.

Il nuovo libro di Marco Vitale dedicato ai ragazzi bresciani


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Marco Vitale ha pubblicato il suo nuovo libro dedicato alla città di Brescia e ai suoi ragazzi: “Brescia raccontata ai ragazzi. Geografia, Storia, Carattere, Cultura”. Si tratta di un libro scritto per le ragazze e i ragazzi bresciani, ma che può essere di qualche interesse anche per i grandi. Come omaggio della Vitale-Zane ai ragazzi bresciani, in occasione di Brescia e Bergamo Capitali della Cultura 2023, Marco Vitale ha disposto che 10 copie del libro venissero regalate a ciascuna delle prime 50 classi scolastiche che ne avessero fatta richiesta, come è rapidamente avvenuto in seguito alla pubblicazione sui principali quotidiani bresciani della comunicazione leggibile qui
 

VNZ e gli eventi
Fabbrica Futuro


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VNZ è partner del ciclo di Eventi Fabbrica Futuro organizzato dalla casa editrice ESTE e dedicato agli attori del mercato manifatturiero. Il ciclo 2023 è dedicato a riflettere su come il PNRR e le grandi trasformazioni che vi sono promosse potranno far evolvere la Manifattura italiana, scontrandosi con emergenze che mettono a rischio la continuità delle imprese: pandemia, tensioni geopolitiche, incremento dei prezzi energetici, inflazione, strette monetarie. Di fronte a queste sfide, sviluppo umano e tecnologico devono procedere all’unisono, in modo che la fabbrica del futuro sappia interpretare il suo ruolo di sviluppo e progresso sociale. Nell’ambito di questa partnership parteciperemo agli eventi calendarizzati come da programma visibile a questo link, a partire dal primo appuntamento, che si è tenuto a Bologna il 10 febbraio scorso.

L’incontro con il Collegio ingegneri e architetti


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Il 21 febbraio Marco Vitale ha partecipato all’incontro organizzato dal Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano sul tema “Costruire il bene comune. Quale contributo dagli ingegneri e architetti?”, presso la sede dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Milano (v. link). Nell’ambito di una riflessione a più voci con architetti e ingegneri sul contributo che della loro professione al bene comune, Marco Vitale ha tenuto l’intervento iniziale leggibile qui.
 

Viaggio nella sanità di un laico


Nell’aula Magna dell’Università Statale di Milano, il cui edificio rinascimentale ospitava la Cà Granda, l’antico ospedale cittadino, Marco Vitale ha tenuto, il 22 febbraio, una testimonianza nell’ambito dei Seminari della Scuola di Specializzazione in Anestesia, Rianimazione, Terapia intensiva e del dolore (v. link), raccontando la sua esperienza professionale, di studio e riflessione sui temi della buona sanità ed economia sanitaria, con una relazione sul tema "Viaggio nella sanità di un laico".

Da non perdere

La banca, la moneta e l’usura. La costituzione tradita

Bruno Tarquini
Controcorrente, 2010
12,00 €

Questo libro, sia pur con un linguaggio molto semplice (e forse proprio per questa sua qualità), ha l’ambizione di far conoscere un aspetto della finanza e dell’economia che è sempre rimasto nascosto nei luoghi oscuri del Palazzo, come qualcosa che non convenisse svelare al popolo.
 

Il mondo post globale

Mario Deaglio
Guerini e Associati, 2022
19,00 €
 

Tempo di lettura 45 sec.

Negli anni Venti del XXI secolo – oggi – il mondo è all’incrocio di quattro crisi: la crisi pandemica, non ancora conclusa e che ha accelerato e fatto emergere evoluzioni già in corso; la crisi climatico-ambientale, che nell’estate ha cominciato a mordere in molte aree del pianeta; la crisi geopolitica, con una guerra che si prolunga nel cuore del «vecchio continente»; infine, la crisi economico-sociale, in parte innescata dall’innovazione tecnologica, complicata dalla crisi ambientale, dalla pandemia e dalla guerra. Queste quattro «crisi» – nel senso greco del termine, che si può rendere, nell’italiano di oggi, con «momento decisivo», quindi non necessariamente negativo – influenzano un’economia mondiale che sta perdendo i suoi caratteri di globalità e riducendo le proprie capacità di crescita. L’unica certezza è che il mondo non tornerà come prima: per affrontare le crisi, per coglierne le opportunità e non solo subirne i danni, abbiamo bisogno di pensieri nuovi, di nuove analisi, di uno sguardo lungo. Ed è quello che proviamo a fare in questo lavoro.

Brescia raccontata ai ragazzi. Geografia, storia, carattere, cultura

Marco Vitale
Marco Serra Tarantola, 2023
19,00 €

Tempo di lettura 40 sec.

Un racconto della storia bresciana, del suo territorio, di tanti personaggi che hanno, nel tempo, costruito la realtà bresciana. Non è un nuovo manuale di storia ma un libro di racconti, un libro di viaggio attraverso le origini, la terra, le persone bresciane che meritano di essere ricordate, le cose che meritano di essere visitate. L'aggettivo "bresciani", per noi vuol dire che il libro è dedicato a tutti i giovani di qualsiasi provenienza che, per qualsiasi motivo (nascita, immigrazione, trasferimento familiare) il destino ha legato al territorio e alla cultura bresciana e che sentono il desiderio e il piacere di rafforzare la reciproca conoscenza. Si tratta prevalentemente di un libro di storie che racconta le vicende della comunità bresciana, che chiamiamo Comune, dalla nascita del Comune stesso al 2023 quando Brescia avrà l'onore (meritatissimo) di essere annoverata insieme ai cugini di Bergamo, come Città della Cultura.
Hanno collaborato a questo numero:
Sara Belotti, Nicola Boni, Lamberto Correggiari, Margherita Saldi,
Luca Soressi, Erika Veschini, Marco Vitale, Stefano Zane.

Progetto editoriale a cura di Luca Vitale e Associati
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