Newsletter n. 21 - agosto 2023

“Uno squilibrio tra ricchi e poveri
è la malattia più antica e più fatale di tutte le repubbliche."

Plutarco

Primo Piano

Il barrito dell’elefante:
disuguaglianze e altri rischi per la democrazia

Tempo di lettura: 23 min.

Per aprire questa riflessione prendiamo a prestito un’immagine che ha reso celebre l’economista serbo-americano Branko Milanovic, già capo dell’ufficio studi della Banca Mondiale che, nel 2016, ha costruito un grafico di grande successo nell’ambito di una sua analisi sulla globalizzazione. 

Il grafico descriveva l’aumento del reddito globale nel ventennio compreso tra 1988 e 2008 in funzione dei diversi percentili di distribuzione globale del reddito ed era costituito da una curva che assumeva la forma caratteristica di un elefante con la proboscide alzata: la curva era ascendente nella prima parte (riproducendo la rapida crescita che nei due decenni aveva sottratto una parte della popolazione mondiale allo stato di povertà), a seguire diventava discendente (indicando il progressivo impoverimento che nello stesso periodo aveva colpito le classi medio-basse delle ricche società occidentali) e infine si impennava (nella “proboscide dell’elefante”) a rappresentare lo straordinario incremento di ricchezza di una piccolissima minoranza di super-ricchi che componevano l’1% della popolazione globale. 

Al di là delle diverse informazioni che il grafico conteneva e dei numerosi commenti che lo stesso ha avuto, noi recuperiamo, quindici anni più tardi, l’immagine dell’elefante perché, analizzando un insieme di dati che per facilità riproduciamo nell’allegato documento di supporto “Disuguaglianze e finanziarizzazione – Alcuni dati” (cfr sezione “Documenti”), ci sembra di poter dire che le turbolenze che caratterizzano il mondo attuale (e che acuiscono sensibilmente dei suoi preesistenti elementi strutturali) abbiano fatto imbizzarrire il nostro elefante, inducendolo ad alzare la propria minacciosa proboscide e a sollevarla nientemeno che contro la stabilità dei sistemi democratici e contro la prospettiva di una società equa in grado di garantire uguaglianza di possibilità, secondo l’insegnamento dei grandi liberali classici (Einaudi).

Fuor di metafora, lo scenario attuale configura un mondo alle prese con molteplici crisi (la pandemia, la crisi energetica, le pressioni inflazionistiche, la guerra) che “si sono innestate su divari socio-economici strutturali di lungo corso, e li hanno ulteriormente esacerbati in un’esplosione di disuguaglianza”. Ciò che maggiormente colpisce accade agli estremi dell’elefante: “Per la prima volta in 25 anni, la ricchezza estrema e la povertà estrema sono aumentate drasticamente e contemporaneamente” (Oxfam) (1).
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 (1) Oxfam è una confederazione internazionale a cui appartengono 21 organizzazioni non profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale, attiva da oltre settant’anni e operativa oggi in 86 Paesi nel mondo.
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È un fenomeno che si collega a diverse spinte che caratterizzano le società contemporanee e che rappresenta per le stesse una grossa minaccia: “mina i progressi nella lotta alla povertà, corrode la politica, mette in pericolo il futuro del nostro pianeta. Crisi dopo crisi – non fanno eccezione la crisi pandemica e l’impennata dei prezzi del cibo e dell’energia - i divari strutturali, di lungo corso, si sono allargati e consolidati”. (Oxfam)

Di fronte a questa entità e a questi rischi, non possiamo che allarmarci e tentare qualche riflessione sul fenomeno e sulle altre tendenze che ne acuiscono la gravità.

1. Premesse:

Per dipingere il quadro abbiamo bisogno anzitutto di alcune puntualizzazioni.

  • Disuguaglianza e povertà non sono la stessa cosa

Anche se il linguaggio corrente tende spesso a confonderle, la povertà assoluta è una cosa diversa dalla povertà in senso relativo (che si origina dalla disuguaglianza).

Povero in senso assoluto è, in base alla convenzione internazionale, chi si trova nelle condizioni di possedere meno di 2 dollari al giorno da spendere: è quello il valore economico che è stato stimato necessario ad approvvigionarsi di cibo sufficiente a sostenere il consumo di 1.200 calorie giornaliere, che sono necessarie all’organismo umano in stato di riposo. Chi ha meno di 2 dollari al giorno si trova, dunque, in condizioni di povertà assoluta, il che significa che si sta praticamente preparando a morire di fame.

La povertà relativa è invece legata al livello di disuguaglianza, che misura la differenza che separa un gruppo sociale da un altro: povero in senso relativo è, convenzionalmente, chi ha un reddito inferiore alla metà del reddito medio del suo gruppo di riferimento. 

Oggi i poveri in senso assoluto sono circa 900 milioni e tendenzialmente in diminuzione negli ultimi 25 anni. Parallelamente, però, sono andate significativamente aumentando le disuguaglianze e quindi le povertà in senso relativo.

Anche senza considerare che nel 2021, in seguito agli effetti della pandemia (che saranno probabilmente aggravati  dagli effetti congiunti dell’inflazione e delle sue concause) hanno determinato un arresto nella discesa del livello di povertà assoluta, vediamo come il trend di evoluzione delle nostre società negli ultimi 25 anni sia stato impostato in modo tale che, mentre aumentava il reddito globale, le forme di questo aumento tendevano comunque ad ampliare le disuguaglianze tra i Paesi e all’interno degli stessi. Stefano Zamagni ha commentato il fenomeno spiegando come il modello di capitalismo che si è andato imponendo sia nemico della povertà (perché “i poveri non consumano”), ma al tempo stesso interessato al mantenimento delle disuguaglianze, come evidenziano i fenomeni di oligopolio che negli ultimi anni si sono affermati con forza.

  • Le disuguaglianze sono pericolose

Serve metterlo in chiaro perché, per quanto il giudizio negativo sulla povertà assoluta sia unanime, non tutti concordano invece nel condannare le diseguaglianze. Queste, invece, sono molto pericolose, almeno per due ordini di motivi:

  • Perché la disuguaglianza e la forte concentrazione dei redditi che porta con sé possono portare a rischi per la democrazia, determinando distorsioni nelle competizioni elettorali ma ancor più nelle concrete decisioni politiche e nel funzionamento dei meccanismi democratici e partecipativi. Lo segnala sempre Stefano Zamagni collegando alle diseguaglianze il crescente ritorno del populismo, ma lo avevano già espresso chiaramente in passato frasi famose, come quella di Louis Brandeis, esperto giurista e costituzionalista, dal 1916 giudice della Corte suprema degli USA, familiare con il mondo dei monopoli petroliferi: “Dobbiamo scegliere. Possiamo avere la democrazia oppure possiamo avere la ricchezza concentrata in poche mani. Ma non possiamo avere queste due cose assieme”. O ancora, pochi anni dopo, quella del Presidente Franklin Delano Roosvelt: “Non può darsi eguaglianza politica senza eguaglianza economica”.
     
  • Perché espongono le comunità in cui si realizza a lacerazioni e frammentazioni che si declinano in disuguaglianza di opportunità e in divari di futuro e di prospettiva, nei quali si perde il potenziale umano di tante persone, come ben illustra l’opportunamente edito da Fondazione Cariplo “Rapporto sulle diseguaglianze 2023”.
2. Quadro delle disuguaglianze oggi

I livelli di disuguaglianza dei redditi e delle ricchezze nel mondo di oggi sono, concordemente con il World Economic Inequality Report 2022, indubitabilmente elevati: basti pensare che, nel 2021, il 10% più ricco della popolazione mondiale si è accaparrato il 52% del reddito globale, mentre alla metà più povera della popolazione è andato solo l’8,5% del totale. A livello di ricchezza posseduta, poi, le disuguaglianze sono ancora più marcate: il 10% più ricco a livello mondiale possiede il 76% della ricchezza totale, mentre il 50% più povero controlla solamente il 2% della ricchezza mondiale.

Basterebbero questi semplici dati di sintesi per significare la rilevanza del problema, ma poiché gli indicatori di sintesi possono mascherare al loro interno alcune variabili e realtà diverse, proviamo ad allargare lo sguardo in due direzioni: in senso geografico e in senso storico.

Sul fronte della distribuzione geografica: 

  • Il livello delle disuguaglianze varia significativamente tra le diverse regioni: l’Europa (nonostante il 10% delle persone vi assorba il 36% del reddito generato e il 58% della ricchezza) resta il luogo meno disuguale del mondo, mentre le zone più inique sono rappresentate, sul fronte del reddito, da Middle East e North Africa (MENA), con il 10% della popolazione che assorbe il 58% del reddito totale, e sul fronte della ricchezza dall’America Latina, in cui il top 10% della popolazione detiene il 77% della ricchezza complessiva.
     
  • È inoltre opportuno distinguere i valori delle disuguaglianze tra disuguaglianze tra i diversi paesi (“between”) e disuguaglianze interne ai diversi paesi (“with-in”), poiché l’analisi sul reddito medio nazionale non permette di capire quanto i Paesi siano diseguali al loro interno: infatti Paesi ad alto reddito (come, per esempio, gli USA) vivono situazioni di grave contraddizione, con persistenti disuguaglianze interne, condividendole con Paesi a basso reddito (come, per esempio, Brasile e India). Se si considerano le disuguaglianze interne ai diversi Paesi, lo scenario globale appare ancora più disuguale. 

Introduciamo, a questo punto, l’elemento storico. 

Nell’ultimo ventennio, abbiamo assistito a due tendenze opposte: le disuguaglianze tra i diversi paesi si sono gradualmente ridotte (il gap tra i redditi medi del 10% più ricco e il 50% più povero è passato da 50x a 38x), ma, nello stesso tempo, le ineguaglianze all’interno dei Paesi sono cresciute significativamente (il rapporto tra redditi del top 10% e del bottom 50% è raddoppiato, passando da 8,5x a 15x). 

È questo forte aumento delle disuguaglianze all'interno dei Paesi che ha fatto sì che, nonostante il recupero economico e la forte crescita nei paesi emergenti, il mondo rimanesse oggi particolarmente disuguale: “oggi le disuguaglianze all’interno dei paesi sono molto maggiori delle pur significative disuguaglianze che si osservano tra Paesi. Le disuguaglianze globali sembrano essere tanto maggiori oggi quanto lo erano al culmine dell'imperialismo occidentale all'inizio del XX secolo e per di più la quota di reddito acquisita oggi dalla metà povera della popolazione mondiale è addirittura la metà di quella del 1820” (World Inequality Report 2022).

In particolare, quello che caratterizza la distribuzione delle ricchezze di oggi avviene agli estremi della distribuzione:

All’estremo inferiore:

  • L’incidenza della povertà estrema è aumentata per la prima volta in 25 anni interrompendo un ciclo lungo: mentre la ricchezza estrema continuava ad aumentare, la stabile riduzione della povertà estrema era stata una costante dell’ultimo periodo. Questa riduzione si è arrestata con la pandemia COVID-19, che ha causato, secondo World Bank (2022, Poverty and Shared Prosperity: Correting Course, 2022), il primo incremento dei livelli di povertà estrema a livello globale degli ultimi vent’anni. 
  • Oltre 70 milioni di persone in più sono sprofondate, nel 2020, sotto la soglia dei 2,15 dollari/giorno, aumentando dell11% l’incidenza della povertà estrema (Oxfam). 
  • Nel primo anno dalla pandemia, le perdite di reddito del 40% più povero dell’umanità sono state doppie rispetto a quelle registrate dal 40% più ricco (World Bank).
  • Il tasso di povertà ha poi ripreso a calare nel 2021, sebbene ad un ritmo lento, ma tale tendenza è oggi minacciata dall’aumento dei prezzi dei beni alimentari ed energetici.
  • Tra dicembre 2019 e dicembre 2021, per ogni 100 dollari di incremento della ricchezza globale, solo 10 dollari sono andati al 90% più povero della popolazione mondiale, mentre ben 63 dollari sono andati all’1% più ricco (Oxfam). 
  • Oxfam stima che l’aumento dei prezzi del cibo nel 2022 dovrebbe segnare un +18% rispetto al 2021 (salendo a +59% per quanto riguarda i prezzi dell’energia). Secondo l’UNDP, il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, l’aumento dell’inflazione potrebbe aver spinto 71 milioni di persone in povertà nel secondo trimestre 2022.
  • Anche in questo caso, gli aumenti dei costi si applicano a situazioni pregresse già di per sé gravi: “Ancor prima dell'impennata dei costi del cibo nel 2022, quasi 3,1 miliardi di persone non potevano permettersi una dieta sana e ora questa cifra è in aumento. Inoltre, secondo l'analisi Oxfam condotta nel luglio 2022, l'aumento dei prezzi alimentari ha colpito diversi paesi a basso reddito più duramente con un incremento su base annua dei prezzi al consumo per beni alimentari in Etiopia (44%), Somalia (15%) e Kenya (12%), superiore a quello registrato in media nei Paesi del G7 (10%) e superiore alla media globale (9%). Si stima che tra 702 e 828 milioni di persone abbiano sofferto la fame nel 2021, quasi un decimo della popolazione mondiale”.

All’estremo superiore:

  • Negli ultimi 10 anni, i miliardari, nel mondo, hanno raddoppiato la propria ricchezza in termini reali, registrando un incremento del valore delle proprie fortune superiore di quasi sei volte a quello registrato, su scala globale, dal 50% più povero della popolazione.
  • Per ogni 100 dollari di incremento della ricchezza netta negli ultimi 10 anni, 54,40 dollari sono andati all’1% più ricco e solo 0,70 dollari al 50% più povero, mentre tra il 2019 e il 2021, per ogni 100 dollari di incremento, ben 63 sono andati all’1% più ricco e appena 10 dollari al 90% più povero.
  • Negli ultimi 10 anni, l’1% più ricco ha accumulato, in termini reali, un ammontare di ricchezza 74 volte superiore a quella del 50% più povero.
  • Nel biennio 2020-2021 l’1% più ricco globale ha beneficiato di quasi due terzi dell’incremento della ricchezza netta aggregata. 
  • Per ogni dollaro di aumento della ricchezza di una persona collocata nel 90% più povero del mondo, in questo periodo un miliardario ne ha guadagnati in media 1,7 milioni.
  • La pandemia da COVID-19 e la crisi provocata dall’impennata dei prezzi dei beni alimentari ed energetici hanno ulteriormente acuito le disparità: le grandi imprese del comparto energetico e agro-alimentare nel 2022 hanno più che raddoppiato i propri profitti rispetto alla media 2018-2020, mentre oltre 800 milioni di persone soffrivano la fame.
  • Dal 2020 ad oggi la ricchezza dei miliardari è cresciuta al ritmo di 2,7 miliardi di dollari al giorno, in termini reali. Sebbene dal picco del 2021 le fortune dei miliardari siano diminuite fino al mese di ottobre 2022, il loro valore rimane comunque più alto dei livelli pre-pandemici, e negli ultimi mesi è ricominciato a crescere di nuovo.
  • L’1% più ricco detiene oggi il 45,6% della ricchezza globale, mentre la metà più povera del mondo appena lo 0,75%
  • Oxfam stima che, nel 2022, 81 miliardari detengono più ricchezza di metà della popolazione mondiale, mentre i patrimoni di appena 10 miliardari superano l’ammontare di ricchezza di 200 milioni di donne africane.
3. Finanziarizzazione dell’economia

Il World Inequality Report 2022 sostiene che: “Le disuguaglianze di reddito e di ricchezza sono state in aumento quasi ovunque dal 1980, a seguito di una serie di deregolamentazione e programmi di liberalizzazione che hanno preso forme diverse nei diversi paesi. L’aumento non è stato uniforme: alcuni paesi hanno registrato aumenti spettacolari di disuguaglianza (compresi Stati Uniti, Russia e India) mentre altri (paesi europei e Cina) hanno registrato aumenti relativamente minori. Queste differenze confermano che la disuguaglianza non è inevitabile, è una scelta politica.”

Con una buona consonanza gli fa eco il già citato rapporto Oxfam 2023: “Le disuguaglianze non sono casuali né le marcate divergenze nelle traiettorie di benessere dei cittadini, lungo le sue molteplici dimensioni, sono ineluttabili. Sono piuttosto il risultato di precise scelte di politica pubblica che hanno prodotto negli ultimi decenni profondi mutamenti nella distribuzione di risorse e potere, dotazioni ed opportunità”. 

Sono il risultato, aggiungiamo, di una precisa visione del mondo che, dagli anni ’80 del secolo scorso, ha avuto i suoi cantori nell’Università di Chicago e applicazioni concrete nella politica di Ronald Reagan e Margaret Tatcher, e che soprattutto si è poi allargata a coinvolgere larga parte del modus operandi e  – ancor più grave – “cogitandi” degli operatori economici e finanziari in tutto il globo, sulla scorta di una risposta affermativa alla domanda con cui Albert Carr nel 1968 intitolava un suo saggio: Is bluffing in finance ethical?

Rispondere sì a quella domanda ha permesso che, svincolata dalla sua funzione originaria che per secoli l’aveva collocata al servizio dell’economia reale (coerentemente con il finalismo insito nell’etimologia del suo nome), la finanza si sia potuta sviluppare, divenuta fine essa stessa e non più mezzo, indipendentemente dall’economia reale e dal suo servizio alla prosperità e allo sviluppo, e a vantaggio invece delle grandi speculazioni e concentrazioni.

Il tema è noto ed è stato dolorosamente riconosciuto anche da propri epigoni in occasione della grande crisi finanziaria, eppure nell’anno 2023, verificando lo stato dell’arte del sistema finanziario, ci accorgiamo che non è stata fatta molta strada nella direzione della de-finanziarizzazione del sistema. Con Colin Crounch dobbiamo nuovamente prendere atto di una “strange non-death of neoliberism” se è vero che: 

  • La ricchezza procapite e totale mondiale è costituita in misura maggioritaria e con un trend in ininterrotto aumento dal 2000, da ricchezza finanziaria
  • Il valore delle attività finanziarie sul PIL negli USA, che furono l’epicentro della crisi del 2008 e del pensiero neoliberista, è aumentato pressoché ininterrottamente dal 1947, raggiungendo nel 2017 il picco massimo di 5,7x e attestandosi oggi al valore di 4,9x
  • Il mercato globale dei derivati OTC è aumentato in misura significativa a partire dal 2006 e il loro valore rispetto al PIL, ancorché diminuito dal picco raggiunto nel 2007, ha oggi valori pari a quelli del 2005 e vale 6,2 volte il PIL
  • Il valore di capitalizzazione delle società quotate ha raggiunto livelli record sia in valori assoluti che in proporzione al PIL
  • Poche grandissime banche controllano quasi la metà delle attività bancarie USA, mentre non si sono ancora spente le bramosie di ancora maggiori dimensioni e aggregazioni bancarie
4. Monopoli e oligopoli

Un fenomeno che sostiene la fisionomia disuguale delle economie e della società di oggi, impattando violentemente sulle loro prospettive future, è certamente quello delle grandi concentrazioni di potere nelle mani di pochi operatori economici, soprattutto nell’ambito tecnologico. 

Per accennare il tema, attuale e di proporzioni e implicazioni notevoli, richiamiamo alla tesi di Jan Eeckhout, ben riassunta da Alberto Orioli sul Sole 24 Ore il 28.04.2023: “la tesi dell’economista dell’Università di Barcellona (che ha insegnato a Princeton e alla NYU) è che un ristretto gruppo di mega imprese, superstar dei listini mondiali, ha condizionato il moderno capitalismo grazia alla conquista delle leve della tecnologia, creando disparità enormi nel mercato – che è stato soffocato – e soprattutto nei trattamenti economici dei lavoratori. Ne è derivato un capitalismo pro-impresa a danno del capitalismo pro-mercato, quello virtuoso a cui il mondo dovrebbe tornare al più presto, secondo l’autore. Per Eeckhout le grandi Big Tech del mondo digitale applicano lo schema che fu delle ferrovie americane: monopolio, costi operativi inferiori ai concorrenti, prezzi alti e margini di profitto superiori a quelli delle aziende concorrenti del vecchio mondo analogico. Ciò desertifica la concorrenza e valorizza soltanto l’èlite che gestisce le leve della tecnologia con remunerazioni stellari, riducendo le dinamiche salariali del resto del mondo aziendale […] e pone il tema di qual è la capacità di influenza politica che hanno i grandi player del capitalismo globale al fine di perpetuare i loro vantaggi e il loro modello diseguale di sviluppo.

L’influenza è certamente enorme, in riferimento soprattutto a due elementi che caratterizzano l’oligopolio delle big tech:

  • La loro immensa e sproporzionata forza economica: il peso sull’indice S&P 500 delle prime cinque big tech americane (Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft, riunite nell’acronimo GAFAM) è raddoppiato negli ultimi 5 anni. Se già prima del Covid il potere di queste società era enorme, oggi sono diventate un vero impero economico, che può infatti competere direttamente con il PIL delle nazioni più sviluppate. Le cifre sono impressionanti: nel 2017, GAFAM erano in quinta posizione dietro la Germania. Nel 2018, si sono spostati in quarta posizione appena dietro il Giappone e nel 2020, la capitalizzazione di mercato cumulativa di GAFAM ha raggiunto oltre 5.000 miliardi di dollari. La posizione in classifica, attualmente, è subito dietro la Cina, con circa 9.000 miliardi di capitalizzazione, di cui 3.000 relativi alla sola Apple che, avendo superato i 3.000 miliardi di dollari di capitalizzazione, ha un valore pari a quello del PIL della Francia e doppio rispetto a quello dell’Italia. 

    E se non ci si volesse basare sulla capitalizzazione di mercato, che è comunque un valore virtuale, si pensi che:
    • il fatturato di GAFAM valeva, nel 2022, circa 1.500 miliardi di dollari, circa ¾ del PIL italiano,
    • il bilancio 2020 del Ministero dell’istruzione superiore, della ricerca e dell’innovazione francese è di 25,49 miliardi di euro, mentre il bilancio GAFAM per la ricerca e lo sviluppo supera i 60 miliardi di euro. Amazon da sola potrebbe quasi competere con il bilancio della Francia.
       
  • E, per quanto il potere delle big tech sembri mondiale, ci sono Paesi in cui questi colossi non hanno accesso, ma che hanno riprodotto di fatto la situazione con altri soggetti: si pensi alla Cina, dove comunque l’oligopolio tecnologico ha i suoi protagonisti e la sua sigla (BATX: Baidu, Alibaba, Tencent, Xiaomi).
     
  • La loro capacità di controllo su dati e reti che, alla luce delle caratteristiche delle nostre società, le rende ben più potenti (e pericolose per la democrazia) dei vecchi monopoli ferroviari e petroliferi, e destina i confini del loro potere a diventare sempre più ampi, anche in relazione agli straordinari sviluppi che l’Intelligenza Artificiale sta vivendo. 

Su questi aspetti si innesta il tema della capacità delle big tech di soffocare la concorrenza del mercato (e con essa l’innovazione), nonché il potere di influenzare più o meno subdolamente le scelte personali degli utenti.

Alberto Orioli conclude: “Il tema esiste e coinvolge lo stato di salute delle nostre democrazia, il grado evolutivo dei nostri sistemi sociali e di welfare, la capacità di dialogo tra le rappresentanze dei corpi intermedi (laddove esistano).  Interroga soprattutto la politica e la sua agenda”.

Nel caso dei grandi monopoli di inizio Novecento fu la politica ad avere la meglio: il 15 maggio 19011, la Corte Suprema degli USA ordinò, in adempimento dello Sherman Antitrust Act, lo spacchettamento della Standard Oil Company: l’impero del petrolio di John D. Rockefeller, fondata nel 1870 e cresciuta tramite acquisizioni e sfruttando i vantaggi della propria dimensione. Nel 1887 lo Standard Oil Trust, il trust più grande che sia mai esistito, controllava il 90% dell’intero mercato petrolifero. Nel 1911, giudicato colpevole di “operare un’irragionevole restrizione del commercio interstatale”, venne spacchettato in 34 società.

Ma la lotta ai monopoli oggi è ancora più difficile, proprio perché i nuovi monopolisti controllano le reti, più che la produzione: per quanto le autorità stiano provando, nel mondo, a porsi il tema di come predisporre strumenti e normative per tutelarsi dallo strapotere dei monopolisti big tech (pensiamo al Digital Markets Act in UE, all’American Innovation and Choice Act e alle crescenti cause antitrust contro i giganti tech in USA, ma anche al News Media and Digital Platforms Mandatory Bargaining Code in Australia e a multe come quella con cui l’autorità cinese con funzione di antitrust, la SAMR, ha punito con 2,8 miliardi di dollari il colosso Alibaba per abuso di posizione dominante), occorre che il tema sia meglio e più a fondo ponderato in funzione del potere di influenza e di lobbying delle stesse, i dubbi sulla possibilità di regolamentazione locale/nazionale del tema, il necessario inquadramento di questa lotta di potere nelle riflessioni più ampie sul modello di democrazia che deve essere difesa e nelle relazioni che il fenomeno ha con le altre dinamiche che stiamo descrivendo. 

Infine, come se non bastasse, l’oligopolio delle big tech non è l’unico: Oxfam riporta che alcune delle più grandi imprese del mondo e i loro azionisti stanno traendo diretto beneficio dall’attuale congiuntura di crisi sovrapposte. “Molte aziende farmaceutiche hanno tenuto il mondo in ostaggio difendendo ferocemente i loro monopoli e facendo pagare prezzi esorbitanti per i vaccini COVID-19, registrando profitti record mentre molti tra i Paesi più poveri sono rimasti senza vaccini e protezione. L’attuale crisi del caro-vita sta offrendo ulteriori opportunità di guadagni: molte imprese, forti del proprio potere di mercato, utilizzano l'aumento dei costi come copertura per incrementare i propri margini di profitto, esacerbando l'inflazione e aumentando posizioni reddituali e patrimoniali di chi ne possiede titolarità o vi investe”.

Giacomo Correale Santacroce fa qualche nome: “il neo-liberismo ha consentito che poche enormi imprese possano abusare della loro posizione dominante nei diversi settori: Monsanto nella produzione di semi, Boeing nell’aeronautica, American, Delta, Southwest e United nelle linee aeree, Eli Lilly, Pfizer, Johnson & Johnson, Bristol Myers, Squibb e Merck nei medicinali, le GAFAM nell’informatica, Comcast, AT&T e Verizon nelle reti, e soprattutto le cinque grandi banche di Wall Street: JPMorgan, Bank of America, Citigroup, Wells Fargo e Goldman Sachs, che controllano quasi la metà delle attività bancarie degli USA. Queste grandi imprese, troppo grandi per poter fallire, dispongono di un potere tale da poter pagare i migliori professionisti per curare i propri interessi, finanziare la politica e definire la legislazione. E comprare i concorrenti innovativi che potrebbero insidiare il loro predominio. La soluzione non è facile, ma di fondamentale importanza. Si tratta di valutare il rapporto tra le efficienze che derivano dall’avere aziende di grandi dimensioni e il potere di queste aziende di alzare i prezzi; trovare un equilibrio tra le innovazioni permesse da piattaforme e standard comuni e la loro capacità di soffocare innovazioni altrui; determinare una ripartizione adeguata del potere economico tra i vari gruppi”.

5. Inflazione 

C’è, infine, un ultimo tassello dello scenario al quale è inevitabile dedicare qualche parola: si tratta dell’inflazione, la quale, andando a colpire maggiormente, con la violenza di una tassa iniqua e nascosta, le classi medie e quelle economicamente deboli, ha un ulteriore notevole impatto proprio sulle disuguaglianze.

I valori del fenomeno sono noti e hanno determinato a livello mondiale aumenti dell’inflazione importanti, dopo un lungo periodo in cui la stessa era stata, almeno nelle economie avanzate, nulla. Il fenomeno è globale ma ha in Italia ed in Europa alcune sue specificità.  Si tratta, qui, di un’inflazione che ha diverse componenti:

  • Una inflazione da domanda, che ha in gran parte originato il fenomeno, sulla base di una pregressa situazione di enorme disponibilità di liquidità e per effetto del rimbalzo post-pandemico
  • Una inflazione legata all’offerta, su cui hanno congiuntamente pesato fenomeni già in atto alla ripresa post-pandemica (scorte ai minimi storici, colli di bottiglia nella logistica, mismatch tra domanda e offerta) e sui quali si è innestato in maniera drammatica lo shock determinato dallo scoppio della guerra
  • Una inflazione legata a fenomeni speculativi di matrice e natura finanziaria e da extraprofitti: Oxfam riporta che “vi sono sempre più evidenze a sostegno della tesi che i profitti contribuiscano ad accelerare l'inflazione. Non solo le imprese stanno scaricando sui consumatori l'aumento dei costi dei beni intermedi, ma stanno anche capitalizzando sulla crisi, usandola come giustificazione per imporre prezzi ancor più alti. Recenti analisi relative agli Stati Uniti, al Regno Unito e all’Australia hanno rilevato come rispettivamente il 54%, il 59% e il 60% dell'inflazione sia stato determinato dai profitti. In Spagna, il CCOO (uno dei più grandi sindacati del Paese) ha stimato che i profitti siano stati responsabili dell'83,4% dell’aumento dei prezzi durante il primo trimestre del 2022. […] Molti settori, in particolare quello alimentare ed energetico, sono dominati da un numero ristretto di società oligopolistiche, in grado di mantenere prezzi elevati senza timore di essere superate dalla concorrenza. Quando i costi esterni diminuiscono, i guadagni vengono trasferiti agli azionisti e non ai consumatori su cui grava il peso dell'aumento dei prezzi. Questo è il motivo per cui possiamo avere prezzi del petrolio in calo mentre il costo del carburante alla pompa rimane alto”.

Alla luce di questo, l’inflazione attuale è congiunturale per quanto riguarda la sua componente legata all’inflazione da domanda e molto più profonda e strutturale per quanto riguarda la sua componente legata all’inflazione da offerta. È soprattutto questa componente, alimentata da fenomeni speculativi e sostenuta dagli extraprofitti, che aggiunge elementi di gravità al fenomeno delle disuguaglianze e che espone l’inflazione ai cicli lunghi degli elementi strutturali: ancorché l’ipotesi più diffusa è che il picco massimo dell’inflazione sia stato raggiunto e, al netto di eventuali nuovi imprevisti, si prevede che l’inflazione italiana rimarrà sui valori attorno al 6% per i prossimi 12 mesi (che significa, la metà del tasso massimo raggiunto nel recente passato, ma comunque 6 volte l’inflazione che abbiamo avuto negli ultimi 15 anni), siamo certamente entrati in un’epoca nuova, nella quale dovremo convivere, per un certo periodo, con l’inflazione (che verosimilmente potrebbe da noi attestarsi non sotto al 3-3,5%), mentre le turbolenze potranno scatenare nuove ondate inflattive, anche una volta che quella attuale sarà rientrata. Conviverci non potrà che significare anche farsi carico delle sfide che sono già in gran parte emerse da questo quadro e che rischiano di divenire, con gli impatti inflattivi, ancora più gravi.

6. Conclusioni

Ogni paragrafo di questo già lungo articolo meriterebbe una trattazione specifica e un approfondimento maggiore, ma già gli elementi proposti tratteggiano con evidenza quale entità e natura abbiano i pericoli che l’elefante porta con sé, in parte determinandoli, in parte sfruttandoli per innalzare sempre più in alto la sua minacciosa proboscide. 

Il riepilogo cupo che ne abbiamo fatto non vuole essere un piagnisteo o un esercizio pessimistico di dati e informazioni: vuole essere invece un tentativo di prendere atto dei fenomeni che caratterizzano il nostro mondo e che, esponendolo a reciproche influenze e determinando gravi impatti sulle disuguaglianze e sulla democrazia, mettono in pericolo la tenuta dei nostri sistemi economici, sociali, politici.

È evidente che le resistenze e i correttivi dovranno esservi trovati a diversi livelli: sul piano politico, non solo nazionale, sul piano macroeconomico, finanziario, imprenditoriale, umanitario, ma non ultimo richiederanno, come la democrazia che vorrebbero tutelare, un coinvolgimento personale di ciascuno di noi, nella verifica consapevole e attiva degli impatti e contributi che siamo in grado di produrre, nei vari ruoli che rivestiamo, come cittadini, consumatori, investitori, responsabili di imprese o di realtà finanziarie etc. Come molteplici sono le determinanti del fenomeno, tanto più varie, forti e pervasive dovranno essere le nostre reazioni.

In questo quadro tumultuoso e contraddittorio di riferimento, le imprese libere che operano nel mercato e per il mercato e la loro capacità di adattamento e di reazione diventano un fattore essenziale. Obiettivi di efficienza fine a sé stessi non sono più sufficienti. Efficienza ed efficacia diventano inscindibili. E a tenerli uniti è la strategia corretta, cioè quella più adatta ai tempi mutevoli e tempestosi. 

Ma anche la strategia astrattamente corretta non è sufficiente se non si incarna in una organizzazione funzionale, anzi coincidente, con la strategia, come illustra con chiarezza Gianfranco Rebora (nel suo importante libro “Governare le organizzazioni nel rumore e nel caos”): “L’organizzazione non è solo un complemento o una conseguenza della strategia, ma incide sull’anima dell’impresa; a partire dagli assetti di vertice fino alla routine della base operativa, può diventare la fonte di scelte progettuali ad ampio raggio e orientare il futuro”.

Notizie IN

Tasse delle multinazionali in un fondo sovrano:
il piano dell’Irlanda

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L’Irlanda formula un piano per raccogliere le tasse sugli extra-profitti delle multinazionali in un fondo sovrano per sostenere le spese future legate all’invecchiamento della popolazione (pensioni e sanità) in primis, ma anche costi di transizione ecologica e digitale.
Il progetto è stato illustrato in un documento presentato dal ministro delle Finanze Michael McGrath. Stando al documento, il fondo sarebbe alimentato, appunto, dalle entrate fiscali straordinarie e da una parte degli eventuali surplus di bilancio futuri. Dublino si aspetta circa 65 miliardi di eccedenze nel budget da qui al 2026, ma non è ancora stato stabilito quanto denaro verrebbe destinato ogni anno al fondo sovrano. Il dipartimento guidato da McGrath ha presentato una serie di simulazioni, da un minimo di 34 a un massimo di 90 miliardi complessivi accantonati da qui a fine 2030, con diverse opzioni di investimento. Quella più ambiziosa mostra che il fondo potrebbe raggiungere i 142 miliardi di euro nel 2035 e un capitale di questa entità potrebbe fare da ammortizzatore prima di tutto all’aumento dei costi legati all’invecchiamento della popolazione, stimati in 7-8 miliardi in più all’anno a fine decennio rispetto al 2020, ma anche fornire un contributo alla riduzione del debito pubblico.

Meta paga 725 milioni per lo scandalo Cambridge Analytica

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Il gruppo Meta, in qualità di azienda che controlla Facebook, ha accettato di pagare 725 milioni di dollari per chiudere la class action in cui era accusato di aver permesso a Cambridge Analytica e altre terze parti di accedere a informazioni private di milioni di utenti, senza il loro consenso. I 725 milioni rappresentano la più alta cifra mai pagata in una class action negli Usa che vede coinvolta una compagnia privata.
Questi 725 milioni vanno ad aggiungersi ai 5 miliardi di dollari che l’allora Facebook Inc. pagò nel 2019 alla Federal Trade Commission, l’ente di vigilanza statunitense che si era occupato dello scandalo: sembrano cifre faraoniche ma lo sembrano un po' meno se si pensa che i ricavi del gruppo sono stati, nel 2022, circa 117 miliardi.
Lo scandalo Cambridge Analytica è uno dei casi più eclatanti nella storia di Big Tech: il 17 marzo 2018, il New York Times e The Observer scatenarono il caso. La società londinese fu accusata di aver utilizzato, in modo illegale, i dati personali di 50 milioni di utenti Facebook a scopo elettorale. In poche ore Facebook annunciò, con una nota ufficiale, di aver bandito l’utilizzo della piattaforma all’azienda britannica e successivamente il ceo di Facebook scrisse un post nel quale chiese scusa per quanto successo e specificò che Facebook aveva commesso degli errori. Il social network e Mark Zuckerberg finirono immediatamente sotto accusa e il 10 aprile successivo, Zuckerberg comparve davanti al Congresso degli Stati Uniti in un’audizione durante la quale emerse una linea piuttosto morbida della politica statunitense nei confronti del social network. Il 2 maggio Cambridge Analytica dichiarò bancarotta. Che fine abbiano fatto i dati degli utenti resta, ad oggi, ancora un mistero. 

Edolo (Valcamonica) si sta mobilitando per fermare l’apertura di un fast food McDonald’s a Sonico

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Edolo dice no al nuovo McDonald’s aperto 24 ore su 24, che la società Rialto Due vorrebbe realizzare vicino alla rotonda di accesso al paese con l’area commerciale di Sonico, dove ci sono decine di grandi negozi. Si tratterebbe del primo punto vendita in Alta Valle. Non a tutti i camuni l’idea piace, anche perché molti vorrebbero puntare sulla promozione dei cibi tradizionali del territorio.

Nove associazioni ambientaliste hanno cominciato a raccogliere firme contro l’ipotetica realizzazione: Slow Food, Tapioca, Legambiente, Biodistretto, Associazione Produttori Biologici, Gruppo di Acquisto Solidale, Amici della Natura di Saviore, Italia Nostra e Coda di Lana di Malonno. Dopo aver avviato una campagna online raccogliendo più di 600 adesioni, la petizione si è spostata in piazza. Qui gli attivisti hanno cercato di spiegare le ragioni del no ai passanti, distribuendo volantini, chiedendo loro di aderire alla raccolta firme e ottenendone un altro centinaio. Tutta la documentazione verrà depositata in Comune.

Notizie OUT

La BCE rallenta la sua corsa monetaria restrittiva, ma non la interrompe, e persiste nel non spiegare quale sarà il suo percorso

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La Bce rallenta la sua corsa monetaria restrittiva, ma non la interrompe, e persiste nel non spiegare quale sarà il suo percorso. È stato confermato l’approccio che le decisioni continueranno ad essere prese riunione per riunione, sulla base dei dati via via disponibili, avendo come obiettivo il ritorno ad una inflazione al due per cento, che al momento è prevista non prima di due anni. Di più non è dato di sapere. La presidente Lagarde ha informato che la velocità si riduce – da cinquanta punti a venticinque punti base – ma che i sacrifici dovranno continuare. Niente di più.

Nascono quindi spontanee due domande: perché si rallenta, se la rotta difficile è la stessa? E quanti altri sacrifici occorreranno? 

Purtroppo, la strategia del giorno per giorno, con le sue evidenti contraddizioni, è inefficace in contesti ad alta incertezza macroeconomica, come l’attuale, se una banca centrale vuole adempiere al suo ruolo istituzionale, che peraltro ne giustifica l’indipendenza dai politici: essere una bussola per l’economia.

Più aumenta l’incertezza, più la politica monetaria dovrebbe basarsi sulle previsioni, e rendere esplicita e trasparente la sua rotta così che il comportamento dell’equipaggio ne possa trarre giovamento. Certo, c’è il rischio di sbagliare: ma è meglio avere un comandante che prova a trovare ed annunziare la rotta giusta, piuttosto di chi, per opportunismo, preferisce star zitto e lasciarsi scarrocciare dalle onde. 

Tra i costi che le famiglie devono mettere a bilancio c’è quello della mensa scolastica, che ha raggiunto livelli record

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Tra i costi che le famiglie devono mettere a bilancio c’è quello della mensa scolastica. Questo costo, che ricade in primis sul Comune, non è rimasto indenne dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia: secondo la VI Indagine sulle tariffe e qualità delle mense scolastiche di Cittadinanzattiva, anticipata dal Sole 24 Ore, una famiglia “media” in Italia – tre persone (due genitori e un figlio minore) con un reddito lordo annuo di 44.200 euro e un Isee di 19.900 – per l’anno scolastico 2022/23 ha sborsato, al netto di quote extra, 734,50 euro per la refezione alla scuola dell’infanzia - circa 4 euro a pasto - e 743,40 euro per la scuola primaria, dove il pranzo, in media, costa 4,13 euro al giorno. 

In entrambi i casi il costo del servizio per le famiglie supera di oltre il 2% quello dell’anno scolastico 2020/21: la tariffa media annua della mensa della scuola dell’infanzia, a livello nazionale, è salita del 2,38%, mentre quella della scuola primaria del 2,14 per cento.

Dall’indagine, che monitora i capoluoghi di provincia italiani (ad esclusione di Bolzano e Trento, dove il costo della mensa non viene calcolato in base all’Isee, ed è comunque intorno ai 4 euro a pasto) emergono alcuni casi eclatanti come il maxi incremento registrato in Basilicata, la regione più cara: il costo della mensa per i bambini dai 3 ai 6 anni è salito quasi del 26%, passando da 779 a 981 euro, mentre alle elementari ha registrato un +19%, da poco più di 824 a 981 euro. 

Proverbi riletti per l'impresa

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Il denaro del sacrestano
Proseguiamo con i proverbi popolari che possono contenere insegnamenti validi anche per una buona gestione d’impresa.
Suggeriamo un proverbio siciliano tratto dal libro di Marco Vitale, 2009,
“I Proverbi di Calatafimi”, Edizioni Studio Domenicano, pp.80-81

“Li dinari di lu sagristanu cantannu vennu e cantannu si nni vannu"

"I denari del sacrestano cantando vengono e cantando se ne vanno
"

Marco Vitale nel suo I Proverbi di Calatafimi commentava così: “a me sembra che il proverbio voglia contrapporre il valore del denaro che va e viene con facilità perché è più frutto di elargizioni, al denaro che si conquista con fatica, con il lavoro e che dunque si conserva di più nel tempo”.

Ci sembra che il monito diventi ancor più prezioso in tempi in cui l’inflazione erode i nostri denari, e in cui le sfide che il contesto pone non possono che passare da un ritorno all’economia reale, al lavoro, all’innovazione e in definitiva all’impresa come soggetto reale creatore di sviluppo, in grado di resistere alle sirene virtuali della finanza e all’impoverimento che l’inflazione comunque determina.

Per non dimenticare

Ricostruire la civiltà politica italiana

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Nella sezione “per non dimenticare” pubblichiamo uno scritto inedito di Tommaso Padoa-Schioppa risalente al 2009, trasmesso al Mulino da Antonio Padoa-Schioppa e pubblicato sul blog di Franco Continolo 6 luglio 2023. 

Dopo la fine prematura del secondo Governo Prodi, nel quale Tommaso Padoa-Schioppa aveva ricoperto la funzione di ministro dell’Economia, in diversi articoli sul “Corriere della Sera” degli anni 2008-2010 (Scritti per il Corriere, 1984-2010), si era soffermato su alcuni temi di fondo irrisolti che stavano (e ancora stanno) alla base della crisi politica dell’Italia. L’articolo che riportiamo prospetta un programma di ripensamento del sistema politico italiano focalizzato su pochi essenziali profili, attuabile anche a Costituzione immutata, ma necessitante ad avviso dell’autore di un lavoro di preparazione qualificato. Questo articolo conserva oggi un indubbio valore e una sorprendente attualità.

Vedi allegato

Documenti

Disuguaglianze e finanziarizzazione – Alcuni dati

In questa sezione pubblichiamo il documento redatto da Vitale Zane & Co. con un set di grafici e dati relativi ai temi trattati dell’articolo di primo piano, ovvero: concentrazione della ricchezza, disuguaglianze di reddito e ricchezza, finanziarizzazione dell’economia, oligopolio delle Big Tech, inflazione.
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VNZ News

Aifi Young

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Il 18 maggio 2023, Marco Vitale, in qualità di Primo Presidente di AIFI, Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt, che ha contribuito a fondare e che ha presieduto dalla fondazione nel 1986 fino al 2003, ha indirizzato un videomessaggio ai giovani di Aifi Young. 

Aifi Young è un gruppo di professionisti under 35 che lavorano nelle strutture associate ad AIFI, con l’obiettivo di coinvolgerli attivamente nelle attività dell’associazione, oltre che in esperienze di networking e di crescita professionale, anche tramite il confronto con professionisti più senior nel settore.

Video a questo link.

Con l’occasione segnaliamo che Anna Gervasoni, Direttrice Generale di AIFI, è stata recentemente nominata Prorettore dell’Università LIUC “Università Cattaneo” e Le formuliamo le congratulazioni di tutta la VNZ e del Presidente Marco Vitale, che trent’anni fa, oltre ad AIFI, presiedeva proprio il Comitato scientifico per l'istituzione della LIUC.

Corso VNZ Academy:  inflazione chiama costing

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Dal 15 giugno al 6 luglio si è tenuto l’ultimo corso della nostra VNZ Academy dedicato alla gestione dei costi nei periodi di inflazione, dal titolo “Inflazione chiama costing”. A partire da un’analisi macroeconomica del contesto attuale, il corso ha approfondito l’analisi dei più attuali sistemi di cost management, fornendo agli imprenditori e CFO presenti preziosi suggerimenti su come le imprese possono affrontare il contesto inflattivo, che non si preannuncia di breve durata.


 

Marco Vitale racconta Brescia ai ragazzi

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Marco Vitale ha fatto un nuovo racconto della sua Brescia ai ragazzi delle scuole medie ed elementari venerdì 26 maggio presso l’Istituto Santa Maria di Nazareth di Brescia. In totale del libro sono state donate alle scuole che lo hanno richiesto, n.459 copie.

100 minuti VNZ: UNIMONT

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Dopo la forzata pausa degli anni passati, il 7 giugno sono ripresi i nostri incontri “100 minuti di”.

Con Anna Giorgi del Polo Unimont di Edolo (Università degli Studi di Milano) e Giacomo Pedranzini (A.D. di Kometa 99 e founder di Honest Food), abbiamo parlato di Sviluppo ed economia di montagna. Il vivace dibattito finale ha dimostrato il vivo interesse sul tema dell’incontro, durante il quale è emersa la necessità di modificare modelli di sviluppo e comportamento, sulla base di sostenibilità e innovazione, fondamentali tanto più in montagna.

Il nuovo sito "Per un nuovo umanesimo"

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È on-line il nuovo sito “Per un nuovo umanesimo” realizzato con il contributo di Fondazione BPM e la collaborazione di Fondazione Ambrosianeum: il sito - che è accessibile a tutti gratuitamente - contiene le interviste e testimonianze realizzate da Marco Manzoni negli ultimi quindici anni con maestri della cultura contemporanea di Milano, tra cui Marco Vitale, Ermanno Olmi, Marco Garzonio e ha la finalità di contribuire alla costruzione di un nuovo umanesimo che contrasti le derive del post umano e del disumano e ponga le premesse per una convivenza civile più responsabile, consapevole, armoniosa. Il sito è visitabile a questo link, mentre qui si può vedere un trailer di 6’ con brevi clip delle interviste.

Stefano Zane parla di sostenibilità nelle imprese al Master di Unicatt

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Sabato 1 luglio Stefano Zane ha parlato di “Sostenibilità nelle imprese: il patto generazionale” al Master in Gestione e comunicazione della sostenibilità presso l’Università Cattolica di Brescia. A partire dall’analisi del contesto attuale e delle sfide che esso pone, l’intervento ha condotto gli studenti a riscoprire nelle radici profonde dell’impresa l’origine e l’essenza stessa del concetto di sostenibilità, al di là delle mode e delle check-list e, in questo quadro, ha proposto un approfondimento sulle caratteristiche tipiche dell’impresa familiare: una corretta concezione di ciò che l’impresa è consente un corretto inquadramento dei rapporti famiglia-impresa, che a sua volta può contribuire alla continuità aziendale permettendo una vera e propria convivenza generazionale.

VNZ al Futura Lab

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Giovedì 6 luglio abbiamo partecipato al Futura Lab, evento di avvicinamento a Futura Expo, che si è tenuto a Edolo presso il Polo UNIMONT Università della Montagna – Università degli Studi di Milano, sul tema “Il bilancio di sostenibilità tra obbligo e opportunità, quale scenario per le imprese di montagna”. Stefano Zane ha aperto il convegno, coordinato da Anna Giorgi, inquadrando il tema della sostenibilità all’interno della più ampia concezione dell’impresa e con un focus sulle imprese di montagna: laboratori di innovazione e spazi in cui ciò che non è sostenibile mostra prima i suoi limiti. A queste riflessioni si sono richiamate le testimonianze dei numerosi “imprenditori di montagna” presenti, nonché le conclusioni del Presidente della Camera di commercio di Brescia Roberto Saccone.

Fabbrica Futuro a Brescia

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Il ciclo di incontri Fabbrica Futuro, dedicati alla manifattura italiana alle prese con la transizione 5.0, organizzati dalla Casa Editrice ESTE e di cui Vitale-Zane & Co. è partner, è giunto a Brescia. Il convegno si è tenuto venerdì 7 luglio nella bella cornice del Borgo Santa Giulia di Corte Franca con la partecipazione di Vitale-Zane e un intervento di Stefano Zane dedicato alle sfide della manifattura nell’attuale contesto inflattivo.

Da leggere

La Costituzione spiegata
ai bambini

Francesca Parmigiani e Dora Creminati
Becco Giallo, 2020
14,00 €

Tempo di lettura: 30 sec.

Le parole della Costituzione rompono le righe e si mettono a giocare. Così gli articoli diventano filastrocche, immagini poetiche per far conoscere ai bambini i principi fondamentali, i doveri inderogabili e i diritti inviolabili come la libertà, l'uguaglianza, la pace, la giustizia, la dignità e il lavoro. Per sentirsi veri cittadini e vivere insieme nel pieno rispetto reciproco.


 

Prezzi alle stelle.
Non è inflazione, è speculazione

Alessandro Volpi
Editori Laterza, 2023
15,00 €

Tempo di lettura: 1 min.

Per oltre trent’anni il costo della vita è rimasto fermo, i mutui hanno avuto tassi accettabili e l’inflazione sembrava appartenere alla nostra storia passata. Improvvisamente, nell’estate del 2021 i prezzi hanno cominciato a crescere in maniera esponenziale e senza controllo. Un aumento che non dipende da un incremento dei consumi e neppure da una carenza di produzione. Ma allora cosa ha prodotto questa inflazione? La risposta è semplice e diretta: la finanziarizzazione, il fatto che i prezzi non sono più determinati dall’incontro tra l’offerta e la domanda reali ma dalla speculazione finanziaria. Il capitalismo finanziario, guidato dai grandi fondi speculativi, sta così divorando il mercato, che ha perso la capacità di definire prezzi vicini al valore reale e quindi di fare il suo più tradizionale mestiere. Riempire il carrello della spesa e pagare le bollette è così divenuto un lusso determinato dalle manovre alla Borsa di Amsterdam, dalle strategie dei fondi hedge, dalle dinamiche della speculazione. Ma quali sono le possibili conseguenze di questa iperinflazione? Quali le soluzioni da adottare? Una mappa sintetica per orientarsi in un cambiamento epocale in pieno svolgimento. E per prendere posizione.

L’ipocrisia dell’abbondanza. Perché non compreremo più cibo a basso costo

Fabio Ciconte
Editori Laterza, 2023
17,00 €

Tempo di lettura: 1 min.

È stata definita una ‘tempesta perfetta’ quella che si è abbattuta sull’Occidente. La guerra, la crisi energetica e l’emergenza climatica hanno sconvolto le nostre vite quotidiane. Per la prima volta nella memoria recente, tra profezie di scaffali vuoti al supermercato e rischio di carestia globale, è sembrata addirittura minacciata la disponibilità di cibo sulle nostre tavole. Ma le cose sono andate sul serio come ci hanno raccontato i media? Che ruolo ha avuto la speculazione finanziaria? E la politica, quali interessi sta tutelando? Se è vero che siamo al cospetto di una crisi di sistema senza precedenti, occorre tirarne le fila senza cedere ad allarmismi e narrazioni fuorvianti. Di certo a essere saltato è il dogma del sotto costo, con i prezzi in salita mentre gli stipendi in Italia restano fermi al palo. A crescere è allora anche la frustrazione al supermercato, tra chi vuole ancora fare scelte ecosostenibili, ma vede svuotarsi il portafogli. Sottrarsi a questo ricatto morale è l’unica via d’uscita dal vicolo cieco in cui ci troviamo.

Profeti, oligarchi e spie. Democrazia e società nell’era del capitalismo digitale

Franco Bernabè e Massimo Gaggi
Feltrinelli, 2023
22,00 €

Tempo di lettura: 1 min.

Fino ad oggi l'Italia, insieme a molti altri paesi, si è fatta trascinare dai produttori di tecnologia. All'inizio dell'epoca della rete siamo stati sedotti da servizi attraenti e apparentemente gratuiti. Poi è nato un mondo nuovo, tutto di proprietà delle Big tech, pieno di opportunità ma anche carico di distorsioni potenzialmente fatali per la democrazia. Controllo dell'informazione e controllo dei dati degli utenti: a stravolgere i pesi e i contrappesi su cui si basano i sistemi democratici non sono la tecnologia né il web, ma è il modo in cui questi strumenti vengono manipolati da enormi concentrazioni di potere economico. La battaglia non è finita. Anzi, è appena cominciata. Abbiamo tre montagne da scalare: definire i rischi di uno sviluppo senza controlli della tecnologia, concordare i sistemi di regole che si applicano agli operatori, introdurre un freno efficace allo strapotere dei monopoli. L'Europa ha la volontà politica di andare avanti ma non ha la forza sufficiente. Gli Stati Uniti hanno la forza ma non riescono a esprimere la volontà politica. La Cina interviene mettendo la museruola ai grandi capitalisti dell'economia digitale ma il suo obiettivo non è quello di rendere il sistema aperto, bensì di rafforzare il suo potere autoritario. Se il mantenimento dell'ordine e la sorveglianza sociale verranno affidati alle macchine senza controlli, se l'intelligenza artificiale generativa sarà in grado di sostituire l'uomo anche nella creatività, si farà sempre più fatica a difendere gli spazi di libertà dal grande Leviatano tecnologico. Non possiamo permetterci di cedere alla logica che vede nella presunta saggezza dell'algoritmo il fattore che rende obsoleto il dibattito democratico. E questa la sfida che abbiamo davanti, la deriva che dobbiamo arrestare.

Il paradosso del profitto. Come un ristretto gruppo di aziende minaccia il futuro del lavoro

Jan Eeckhout e Marco Cupellaro
Franco Angeli, 2022
31,00 €

Tempo di lettura: 1 min.

Provocatorio e ambizioso, questo libro mostra come l'ascesa di poche grandi imprese a superstar megaredditizie ci renda tutti più poveri. "Il paradosso del profitto" descrive come negli ultimi quarant'anni un ristretto gruppo di aziende abbia raccolto la maggior parte dei benefici del progresso tecnologico, dando la scalata alle imprese rivali, guadagnando enormi profitti e creando brutali disparità tra i lavoratori. Anziché trasferire ai consumatori i vantaggi dei miglioramenti tecnologici attraverso prezzi più bassi, queste aziende "superstar" hanno sfruttato le nuove tecnologie per gonfiare ancora di più i prezzi. Ciò ha generato conseguenze enormi: dai prezzi ingiustificatamente alti di qualsiasi prodotto alla diminuzione del numero di nuove imprese in grado di competere, dalla disuguaglianza crescente alle gravi limitazioni della mobilità sociale. "Il paradosso del profitto" è una provocatoria indagine sulle conseguenze negative del potere di mercato per la maggior parte dei lavoratori, ma propone anche soluzioni concrete per superare il problema e tornare a un'economia sana. La lucida interpretazione dei fatti economici è ravvivata da numerosi esempi di vita quotidiana adatti a catturare l'attenzione di un pubblico di lettori non necessariamente specialista.

Primo rapporto sulle Disuguaglianze di Fondazione Cariplo

Tempo di lettura: 30 sec.

Il Rapporto fotografa una disuguaglianza dalle molte dimensioni, che rappresenta una ferita per la singola persona e per tutta la comunità e un ostacolo allo sviluppo. Ne emerge la necessità di un’azione condivisa e di un atteggiamento proattivo perché le opportunità di futuro siano sempre più accessibili a tutti i cittadini.

Fondazione Cariplo ha presentato il primo Rapporto Disuguaglianze, “Crescere in Italia, oltre le disuguaglianze” (scarica il testo del rapporto), un lavoro di ricerca finalizzato a creare conoscenza sulle diverse dimensioni della disuguaglianza, ma anche a portare all'attenzione del dibattito pubblico il tema delle disuguaglianze attraverso una nuova prospettiva che possa essere utile per sviluppare insieme nuove e più efficaci soluzioni per lo sviluppo di società più inclusive e fornire uno strumento di conoscenza per addetti e non addetti ai lavori.

Governare le organizzazioni nel rumore e nel caos

Gianfranco Rebora
Este Libri, 2023
25,00 €

Tempo di lettura: 1 min.

“Di fronte al pluralismo degli ordini di valore, al groviglio socio-materiale di tessuti relazionali, al debordare di oggetti fisici e di risorse immateriali, all’onda montante di tecnologie che esaltano singolarità e soggettività dei comportamenti, le organizzazioni offrono uno spazio forse ancora abitabile tra l’esperienza individuale e i mille rumori di un universo interconnesso e caotico.” La scienza organizzativa si è sviluppata intrecciandosi con la prassi manageriale e ha conosciuto una veloce evoluzione nel corso del Novecento. Ma per affrontare livelli di complessità ulteriori nell’apertura alle relazioni di rete e di fronte a soggettività debordanti si rende necessaria un’arte di organizzare che vada oltre la scienza, tragga ispirazione dalla creatività artistica e dalla dimensione estetica, e lavori a una costruzione sociale, di ricerca di senso e di significato in un contesto aperto e pluralista. Questo testo riprende le fila della teoria e la pratica dell’organizzazione, guardando al management del futuro.

Hanno collaborato a questo numero:
Sara Belotti, Nicola Boni, Lamberto Correggiari, Margherita Saldi,
Luca Soressi, Erika Veschini, Marco Vitale, Stefano Zane.

Progetto editoriale a cura di Luca Vitale e Associati
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