Newsletter n. 18 - novembre 2022

“Il credito deve essere considerato un diritto umano,
come la casa e il cibo, anzi il primo diritto umano,
la base per mettere uomini e donne in condizione di affrontare la vita” 

M.Yunus

Primo Piano

Il diritto al credito è una cosa ancora attuale?

di Stefano Zane 

Tempo di lettura: 10 min.

A settembre ho fatto uno dei più bei viaggi della mia vita.

Grazie a Cassa Padana ho avuto la possibilità di visitare l’Ecuador e le sue comunità andine che vivono ad alta quota (sopra i 3.000 metri). Comunità povere che abitano territori ostili, difficili, poco ospitali ma bellissimi, nei quali, tanto tempo fa, hanno trovato rifugio a seguito delle invasioni di popoli stranieri che li hanno cacciati dalle loro terre.

Comunità che hanno come principale obiettivo quello di garantirsi il cibo per il sostentamento, tra le quali quindi l’agricoltura e l’allevamento sono pressoché le uniche attività, scandite dai ritmi della natura e dal clima tropicale di alta quota.

Comunità con grande dignità, solido legame con il territorio e la propria storia, grande ospitalità e umanità, che abbiamo avuto modo di sperimentare personalmente passando qualche giorno presso di loro.

Negli anni ’70 con l’Operazione Mato Grosso è arrivato in Ecuador Bepi Tonello, la nostra guida, che con Don Antonio Polo ha fatto rinascere Salinas de Guaranda che da un agglomerato di case di paglia e fango, attraverso un sistema comunitario e di microcredito, è diventato un punto di riferimento per l’intera zona.  Ora vi si trovano attività artigiane, commerciali, una fabbrica di cioccolato, un caseificio, un filatoio, un albergo,  trasformandosi in una comunità da cui i giovani hanno smesso di andarsene e anzi arrivano per rimanere. 

Da Salinas è partito un percorso di sviluppo per le comunità locali che si è diffuso in modo molto importante in Ecuador, fondato sul lavoro, sul risparmio e sul credito. Queste comunità, indios e meticce, hanno nel tempo acquisito la consapevolezza della centralità del lavoro e del risparmio anche grazie alla costituzione di una prima cassa di risparmio e credito che li ha aiutati a riscattarsi dai latifondisti proprietari dei terreni dai quali gli indigeni si sono comprati la terra in cui vivevano.

All’inizio, nel 1970, il via è stato dato dal “Gruppo Sociale Fepp” (Fondo Ecuadoriano Populorum Progressio) che nel 1988 ha consentito la nascita della Cooperativa di Risparmio e Credito Codesarrollo che nel 2014 diventa Banco Codesarrollo il cui payoff è “Investiamo in Umanità”. Cassa Padana è socia del Banco e ha coinvolto nel tempo il sistema del credito cooperativo italiano a supporto dell’istituto ecuadoriano.

Attorno a Codesarrollo e al Fepp, e grazie alla loro attività, si è ben presto sviluppato un diffuso sistema di piccole banche cooperative di risparmio e credito, che erogano alle famiglie e ai singoli piccoli prestiti a condizioni ragionevoli che consentono di dare corso ad attività che cambiano la vita quali: riscattare le terre, costruire o comprare la casa, acquistare animali e attrezzi e avviare imprese. Tutte attività che danno il via a processi di sviluppo.

Con gli anni il Banco di Codesarrollo sta modificando la sua attività: dall’erogazione diretta di credito al finanziamento delle nuove piccole banche cooperative locali. In tal modo si diffonde maggiormente la cultura del lavoro, del risparmio e del credito e possono partire seri e duraturi processi di sviluppo che trovano nella cooperativa bancaria locale lo stimolo ed il supporto necessario.

Abbiamo visitato 5 di queste piccole cooperative. Siamo stati accolti sempre con grande festa, ci hanno raccontato con professionalità i risultati delle loro banche: sempre buoni risultati, in crescita, con utili e con scarsissime perdite sui crediti. Una di queste cooperative è gestita solo da donne; presso tutte le cooperative sono le donne le principali clienti, l’imprenditoria femminile è infatti molto diffusa. 

Abbiamo scoperto che il sistema cooperativo bancario ecuadoriano classifica le banche di credito cooperativo in 6 categorie a seconda della dimensione e in base ad essa crescono e si adeguano alla maggiore complessità i sistemi di controllo, la vigilanza e la compliance.

Abbiamo visitato alcune delle iniziative imprenditoriali sostenute da Banco Codesarrollo e/o dalle cooperative locali: dall’attività di floricoltura (rose stupende ed in quantità che non immaginavo) alla comunità indigena che offre turismo sociale comunitario (abbiamo dormito e cenato nelle case degli indigeni), dall’attività di servizi a supporto dell’agricoltura e del suo sviluppo alle cooperative di Salinas (caseificio, produzione di cioccolato, filatoio).

Tutto ciò che abbiamo avuto la fortuna di vedere nella gita in Ecuador non può che portare ad una riflessione sul credito: in questa fase storica lo si sta dimenticando, ma è importante riaffermare che il credito è un diritto e che, unitamente al lavoro e all’attività di impresa, è il fondamento dello sviluppo umano.

Con questa premessa, il sistema bancario cooperativo, espressione delle comunità locali, ha un ruolo centrale e fondamentale per ogni comunità, locale o nazionale che sia. Lo ha in Ecuador e lo ha avuto, e lo dovrebbe continuare ad avere, anche in Italia. 

Possiamo dire tuttavia che in Italia questa essenziale funzione sia riconosciuta e valorizzata? Purtroppo la risposta oggi non può che essere negativa. Oggi la funzione del credito cooperativo in Italia non è né riconosciuta né valorizzata, anzi, è penalizzata.

Le riforme del credito cooperativo e delle banche popolari stanno portando inevitabilmente, perché questo era l’obiettivo, all’omologazione, ad un modello unico di fare banca che non è quello delle banche territoriali e locali né tantomeno di quelle cooperative. 

La mancanza di proporzionalità (presente invece in Ecuador) che deriva dal fatto di dover appartenere a gruppi bancari cooperativi in forma di Spa che consolidando i propri bilanci diventano banche rilevanti a livello europeo, fa sì che le BCC debbano oggi sottostare al controllo e alla vigilanza della BCE, come le grandi banche nazionali ed europee. 

Per le BCC valgono le stesse regole e i medesimi parametri di riferimento delle grandi banche, con quello che ne consegue in termini di costi, di complessità gestionale, di compliance e quindi con ricadute dirompenti sulla possibilità di erogare credito e di fare impresa bancaria in modo autonomo e responsabile a favore dei propri territori.

Questo è, evidentemente, un meccanismo che non può funzionare a lungo, che rinnega la funzione e la missione del credito cooperativo, che, proprio perché cooperativo, non ha e non deve avere come unico obiettivo il profitto in sé stesso a beneficio degli azionisti. Il credito cooperativo pone al centro della propria azione il benessere delle comunità da cui nasce e per cui lavora, anche attraverso il profitto, ma non solo attraverso di esso. 

Il credito cooperativo, così come le banche minori territoriali, ha la specifica funzione di supportare territori e categorie di imprese (tipicamente quelle minori o micro) che le grandi banche non potranno mai soddisfare.

Fatte le debite proporzioni, la domanda che mi sono posto rientrando dall’Ecuador è se ci sia una differenza tra un allevatore delle Ande che porta tutte le mattine il latte con il suo lama al caseificio di Salinas e che ha bisogno di un prestito per acquistare una mucca e un artigiano o una piccola impresa familiare in Italia che deve finanziarie il suo sviluppo. Da un punto di vista imprenditoriale nessuna: entrambi possono rivolgersi al credito cooperativo. 

La preoccupazione però è quella che l’artigiano e la piccola impresa familiare italiana tra non molto tempo possano essere privati del loro fondamentale diritto al credito perché non avranno più interlocutori in grado di capirli, di parlare lo stesso linguaggio, di stare al loro fianco nel faticoso percorso di sviluppo. 

L’omologazione al modello unico di banca perorato dalla BCE, con l’avallo di Banca d’Italia, e nel pressoché silenzio del mondo politico e imprenditoriale ci sta portando infatti verso una progressiva e, per ora inesorabile, limitazione al diritto di credito, soprattutto per la categoria delle imprese minori.

Fortunatamente però il viaggio in Ecuador ci ha mostrato la forza della speranza, dell’umanità, della pazienza e del fare bene le cose, partendo da quelle piccole. Aggrappiamoci perciò a queste cose davvero importanti e continuiamo il nostro lavoro.

Globalizzazione ma non omogeneizzazione

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Abbiamo già affrontato nella nostra Newsletter precedente n.17

il tema della fine della globalizzazione che stiamo vivendo, in un mondo ormai multipolare in cui l’omogeneizzazione con modalità di imperialismo economico-militare americano ha dimostrato il suo fallimento.

Dicevamo allora che ci troviamo immersi in una “grande contraddizione” perché, di fronte alla fine di questo modello di globalizzazione all’americana, le sfide e i problemi che il mondo di oggi è chiamato ad affrontare sono sfide e problemi globali, che richiedono una sempre più stretta integrazione e collaborazione mondiali.

Vogliamo ora tornare su questo tema riferendoci ad alcuni recenti dati (illustrati da Piero Arlacchi su Il Fatto Quotidiano il 02.11.2022), che suffragano e giustificano molto chiaramente la nostra affermazione. 

I dati sull’incidenza del PIL degli USA sul PIL mondiale da soli basterebbero ad evidenziare che il mondo è cambiato: se nel 1950, infatti, il PIL degli USA valeva il 50% del PIL mondiale, oggi questa incidenza si è ridotta al 16%! Ma volendo approfondire l’analisi:

  • secondo dati 2022 del Fondo monetario internazionale oggi i Paesi del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, UK, USA) producono insieme solo il 30% del PIL globale, mentre i Paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) coprono il 58% del totale;
  • drastiche differenze di peso si rilevano anche a livello di popolazione rappresentata: se i paesi G7 coprono il 6% della popolazione mondiale, i BRICS rappresentano il 41% degli abitanti del pianeta.

La semplicità dei numeri rende evidente come non sia più possibile una leadership esclusivamente americana nel mondo di oggi: se già abbiamo discusso il fallimento del modello che gli USA hanno imposto alla loro leadership negli ultimi trent’anni, la possibilità stessa di questa leadership risulta inficiata alla base dai dati illustrati.

Parlare di globalizzazione americana e di un ruolo di leadership esclusiva degli USA non è dunque più possibile.

Le sfide del mondo, però, restano globali e come tali devono essere affrontate: guerre, pandemie, crisi climatiche, energetiche ed ambientali, povertà e disuguaglianze crescenti. 

Di fronte a questi fenomeni non può che affermarsi una nuova mondializzazione, fondata sulla forte consapevolezza che le nostre vite (da un punto di vista economico, sociale, sanitario, energetico, ambientale) sono legate al destino di altri miliardi di esseri umani nel mondo.

Purtroppo, invece, dai leader americani ed europei non arrivano segnali incoraggianti: con gli USA che sembrano non aver capito che la loro possibilità di una leadership esclusiva mondiale non è più percorribile e con il riattivarsi in tutta Europa di vecchie retoriche militariste e nazionaliste, sulla scorta della tragica guerra in Ucraina.

Un altro grave segnale negativo è stato rilevato da Massimo Fini (sempre su Il Fatto Quotidiano del 02.11.2022), ed è il pressoché totale silenzio dei leader europei di fronte alla vittoria di Luiz Ignàcio Lula da Silva contro Jair Bolsonaro, in Brasile. 

Questo silenzio è grave perché dimostra che i nostri leader non hanno capito la portata di un fatto che “riguarda tutti noi”, proprio nei termini in cui abbiamo impostato il discorso, e che “ha una valenza globale che interroga tutti i Paesi del pianeta”, perché quella di Lula è una grande battaglia di civiltà di interesse comune e perché la salvaguardia di quel che resta dell’Amazzonia per cui Lula si batte è tema di interesse mondiale. 

“L’Amazzonia che copre il Brasile, ma non solo il Brasile, è il grande polmone del mondo da cui dipende la vita di tutto il resto. Bolsonaro aveva distrutto più di un terzo della Foresta amazzonica a favore dei garimpeiros, i cercatori d’oro, e soprattutto delle grandi fazendas, eliminando la biodiversità, vegetale, animale ma anche umana, perché aveva costretto gli indigeni in aree sempre più ristrette fino a minacciarne l’esistenza” (M. Fini). A questa distruzione Lula oppone un programma che prevede “deforestazione zero, lotta in favore della biodiversità, lotta contro la fame, che coinvolge 33 milioni di brasiliani, e la povertà assoluta che riguarda 10 milioni di persone”. 

Se vogliamo incamminarci sul sentiero di una “mondializzazione aperta ed inclusiva, una pace stabile e costituzionalizzata, una stretta collaborazione con tutti gli altri popoli per affrontare insieme i grandi temi della sopravvivenza del genere umano sulla terra” (M. Vitale, Newsletter VNZ n.17), non solo dobbiamo gioire di questa notizia, ma dobbiamo fare nostri alcuni punti di questo stesso programma. Dal nostro punto di osservazione, che è quello di chi si occupa di impresa, dobbiamo ricordare che l’impresa italiana ha tutto l’interesse affinchè questa consapevolezza prenda corpo e che l’impresa, come cellula fondamentale dello sviluppo, e il credito (di cui parliamo in questa newsletter), come diritto fondamentale che di questo sviluppo può essere agevolatore, rappresentano strumenti importanti a servizio di questi obiettivi.

Notizie IN

Per la prima volta Bankitalia dichiara
che “seguire ciecamente la FED sarebbe un grave errore”

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Accogliamo come una notizia IN molto positiva il fatto che Banca d’Italia, per la prima volta, ha dichiarato che “seguire ciecamente la FED nei prossimi mesi potrebbe essere un grave errore”. Così si è espresso il Governatore Ignazio Visco, intervenendo a una conferenza a Firenze il 30 settembre 2022, come riportato da Nicola Pini su Avvenire il giorno seguente, formulando un monito sulla politica monetaria: “Non c’è una ovvia ragione di legarci le mani con l’ipotesi di ritocchi al costo del denaro straordinariamente elevati quali quelli che da alcune parti si leggono”. Con l’inflazione che in tutta Europa non è mai stata così alta, frenare le aspettative inflazionistiche resta una priorità, perché una rincorsa tra salari e prezzi sarebbe “vana e dolorosa”, ma un aumento dei tassi troppo rapido porterebbe a “rischi particolarmente elevati per la stabilità finanziaria” e potrebbe avere “pesanti ripercussioni in tutti i Paesi della zona euro”. Concorde con questa cautela è anche l’invito del commissario UE all’economia Paolo Gentiloni, che ha chiesto di contrastare l’inflazione “senza uccidere la crescita”.

Grande successo per la fiera Expo Futura

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La fiera FUTURA EXPO che si è tenuta dal 2 al 4 ottobre 2022 presso il Brixia Forum di Brescia è stato un evento di grande successo: giusto il tema, giusto il taglio, buona realizzazione, interessanti le presenze e i relatori, buona la partecipazione del pubblico e soprattutto di tanti giovanissimi. 

Vogliamo segnalarlo nell’ambito delle Notizie IN perché l’evento testimonia una concezione esemplare dell’impegno dell’industria, della scienza, della conoscenza per la sostenibilità, come quello che già indicava Carlo Cattaneo nel 1845, con un taglio culturale non ambientalista ma antropologico (dell’unitarietà tra natura e uomo), come quello della Laudato Sii, come quello proposto da Carlo Pertini (che proprio a Futura lo ha illustrato, nell’ambito di un bell’intervento su “il ruolo fondamentale del cibo nella transizione ecologica”).

Il tono dell’incontro, che si propone di essere un HUB fisico e digitale di raccolta di best practice di economia sostenibile, laboratorio di sperimentazione e confronto sui migliori progetti e soluzioni innovative, tra imprese e tra mondo produttivo e grande pubblico, è stato positivo e costruttivo. Si è mantenuto lontano dal rischio di derive ambientaliste più ideologiche e si è fondato su “una visione di futuro realistico e sostenibile, in cui Uomo, Natura ed Economia possano convivere insieme in armonia” (come riportato sul sito dell’evento a proposito del suo concept).

Produzione nazionale di gas: finalmente un passo avanti

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Il Consiglio dei Ministri di venerdì 4 novembre 2022 ha approvato una nuova norma che darà una decisa accelerazione alla ripresa delle estrazioni nazionali di gas. Si tratta di un passo importante verso quell’aumento dell’offerta che potrà consentire al nostro Paese di uscire dalla crisi energetica.

Questa accelerazione si basa sui due ambiti di azione del provvedimento in parola: da un lato, vengono consentite attività estrattive in alcune zone nelle quali in precedenza erano interdette; dall’altro viene introdotto un meccanismo che prevede una forchetta di prezzo. Tale meccanismo prevede che le imprese si impegnino ad acquistare il gas a un prezzo a sconto sulla borsa italiana del gas (PSV) non inferiore a 50 €/MWh; allo stesso tempo i concessionari (in cambio della possibilità di mettere in produzione nuovi volumi) si impegnano a cedere il gas a condizioni particolari, fornendolo, con l’intermediazione del GSE, ai consumatori a un prezzo calmierato, compreso tra i 50 e i 100 €/MWh. 

Oltre la soglia dei 50 €/MWh, intatti, i consumatori industriali beneficeranno di uno sconto progressivo fino a un massimo di 100 €/MWh e i concessionari rinunceranno a parte dei ricavi qualora i prezzi di mercato superassero le soglie previste dalla norma. Il meccanismo è studiato in modo tale da fornire una prospettiva di stabilizzazione dei costi per l’industria e di protezione dei picchi più estremi e coinvolge il GSE solo a livello finanziario, facendone un aggregatore di domanda e offerta che non si pone in concorrenza con altri operatori sul mercato: produttori e consumatori continueranno a vendere e comprare il gas al PSV e le differenze di prezzo saranno aggiustate fuori borsa, attraverso partite economiche regolate dal GSE.

Notizie OUT

Disastroso rendiconto sul costo dell’energia in Italia
a confronto con i Paesi europei

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Come rendicontato da un articolo di Francesco Pontelli, su Nuovo Giornale Nazionale il 13 ottobre 2022, l’Italia, nell’ambito dell’esplosione della crisi energetica in atto, paga una serie di politiche miopi sul fronte energetico, con il duplice effetto di mettere a forte rischio la competitività delle aziende e del sistema industriale e di abbassare la qualità di vita dei cittadini.

Se i governi che si sono succeduti negli ultimi trent’anni condividono la colpa di una mancanza di politica strategica nell’approvvigionamento energetico; l’ultimo governo Draghi ha aggiunto a questa la responsabilità di aver approvato il protocollo Pitesai, che sostanzialmente riduceva la possibilità (già in calo nel 2021) di estrazione di Gas dai giacimenti italiani, con l’effetto di aumentare ulteriormente l’impatto della crescita del costo del gas.

La prova che la politica italiana sul tema è stata sbagliata è nei dati che emergono dal confronto con gli altri Paesi europei. Se in Italia, all’11.10.2022, il costo del kWh era di 0,501 €, infatti, nei nostri vicini europei si segnalano questi valori:

  • in Francia (dalla quale l’Italia importa energia nucleare), un costo del kWh di 0,171 € (ottenuto bloccando le bollette ad un aumento del +4% ed accollando al governo Macron i costi della ricapitalizzazione di Edf - Électricité de France S.A - per oltre 25 miliardi)
  • in Grecia un costo del kWh pari a 0,172 €
  • in Gran Bretagna un costo del kWh pari a 0,183 € (grazie alla destinazione di 45 miliardi di sterline alla riduzione del 50% dell’impatto dei maggiori costi all’utenza delle bollette elettriche)
  • in Spagna pari a 0,228 €
  • in Austria pari a 0,201 € (grazie all’oculatezza della strategia di approvvigionamento energetico, che per il 67% deriva da 130 centrali idroelettriche)
  • in Germania (grazie allo stanziamento di oltre 200 miliardi per invertire la spirale dei costi energetici) le imprese pagheranno, da gennaio 2023, 0,07 kWh sul 70% delle loro bollette, mentre i privati, a partire da marzo, 0,12 € kWh sull’80%

Negli ospedali italiani mancano i medici

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Negli ospedali italiani mancano i medici. È questa la gravissima notizia confermata da un articolo pubblicato sul Corriere lunedì 31 ottobre nella sezione Dataroom, a cura di Milena Gabanelli e Simona Ravizza, con riferimento ai dati Agenas. Si tratta di una mancanza che è causata da errori del passato, ma che è aggravata da problemi ai quali nel presente non vediamo applicate soluzioni efficaci.

Sul fronte degli errori passati, la mancanza attuale di medici negli ospedali è dovuta essenzialmente a due fenomeni: il blocco del turnover (per effetto del quale su 100 medici andati in pensione, 10 in media non sono stati sostituiti; ma in alcune regioni il numero sale a 31, come in Lazio, Sicilia, Campania) e la cattiva programmazione (che ha determinato un saldo negativo tra pensionati e nuovi specialisti che, tra 2015 e 2022, è di 15.585). 

Guardiamo a questo punto a presente e futuro: nel 2019 sono stati aumentati i posti disponibili nelle scuole di specializzazione ma, considerando che per formare uno specialista sono necessari 4-5 anni, gli effetti delle politiche precedenti avranno ricadute almeno fino al 2024. Cosa succederà, invece, nel 2027, anno in cui le decisioni di oggi impatteranno (poiché gli specializzandi che iniziano oggi il loro percorso saranno allora formati)? 

Le notizie continuano ad essere negative, per quanto le entrate e le uscite di medici dovrebbero essere, per il 2027, pressoché in equilibrio (con 42.086 nuovi medici che – al netto di chi non finisce gli studi e di chi non si fermerà nell’ambito del SSN – entreranno nel sistema, nei prossimi 5 anni matureranno i requisiti per la pensione 29.331 medici, a cui bisogna aggiungere i 13.000 medici non sostituiti in passato, e dunque mancanti, per effetto del blocco del turnover, per un fabbisogno totale di medici pari a 42.331). Rimangono aperti alcuni importanti nodi irrisolti:

  • alcune specialità non vengono scelte. Il 71% dei primi 1.000 in graduatoria hanno scelto, nel 2022, 7 specialità su 51 (cardiologia, dermatologia, pediatria, neurologia, oculistica, endocrinologia, chirurgia plastica), con il risultato che in alcune specialità molto preziose per il buon funzionamento dei nostri ospedali ci sono molti posti non coperti (p.e., con riferimento a quest’anno: il 57% dei posti in Medicina d’emergenza, il 17% in Anestesia e rianimazione, il 74% in Radioterapia);
  • oggi si registra inoltre una vera e propria fuga dal lavoro ospedaliero, che deve essere reso più attrattivo: a fronte di stipendi che in tutta Europa sono aumentati negli ultimi 5 anni, quelli dei nostri medici sono rimasti fermi. Di contro abbiamo registrato, solo nel 2021, 2.886 licenziamenti autonomi da parte di medici dai nostri ospedali; 
  • un ulteriore elemento di criticità è relativo ad infermieri e medici di famiglia, assi portanti delle cure sul territorio, come previsto anche dal PNRR. Sul fronte dei medici di famiglia, in particolare, è necessario un cambio di passo: sebbene sulla carta, da oggi al 2027, a fronte di 11.262 medici di base che andranno in pensione, dovrebbero entrare nel sistema, per effetto della formazione, 13.895 nuovi medici, in realtà la situazione effettiva è molto più complessa. Lo dimostra in maniera esemplare il caso della Lombardia: a fronte di 626 posti messi a disposizione per il percorso di studi dedicato ai medici di famiglia, solo 502 medici si sono presentati al test e solo 379 hanno accettato l’incarico. “Finché la borsa di studio dei neolaureati che si iscrivono al corso di formazione triennale è di 11 mila euro l’anno, contro i 26 mila di chi sceglie il corso di specializzazione, è evidente che la professione di medico di famiglia è considerata di serie b”.

Proverbi riletti per l'impresa

Proseguiamo con i proverbi popolari che possono contenere insegnamenti validi anche per una buona gestione d’impresa.
Suggeriamo un proverbio siciliano tratto dal libro di Marco Vitale
I proverbi di Calatafimi, pag. 82-83, Edizioni Studio Domenicano, 2009.

“Cui fa carni, nun fa robba”
Chi pensa ad ingrassare, non accumula.

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È un proverbio chiaro che […] contrappone, al concetto di consumo, il concetto di accumulazione, di investimento, di formazione del capitale per poter, attraverso il capitale, realizzare la propria creatività, e quindi il concetto, in ultima analisi, di impresa. 

George Gilder, nel bellissimo libro Lo spirito dell’impresa, il ruolo dell’imprenditore nello sviluppo economico e nel benessere delle nazioni (1984, ed. it. Longanesi 1985), ci offre il miglior commento dal punto di vista imprenditoriale di questo antico proverbio:

“Gli imprenditori comprendono la realtà inesorabile del rischio e del mutamento. Essi iniziano risparmiando, rinunciando al consumo non per creare una ricchezza succedanea, ma per ottenere i mezzi necessari a una vita di rischi e di opportunità produttive. La loro massima aspirazione non è il denaro da sperperare in consumi, ma la libertà e il potere per tradurre in atto le loro idee imprenditoriali”. 

E Rathenau, grande imprenditore tedesco, fondatore della AEG e poi ministro della Repubblica di Weimar, nel 1908 scriveva:

“L’oggetto sul quale l’imprenditore accumula il suo lavoro, le sue preoccupazioni, il suo orgoglio, i suoi desideri, è la sua impresa. Si chiami commercio, industria, banca, società di navigazione, teatro o ferrovia. L’impresa gli sta davanti come un essere vivente che attraverso la sua contabilità, la sua organizzazione, le sue ramificazioni, conduce un’esistenza economica indipendente. L’imprenditore non conosce altro scopo all’infuori di quello di ingrandire questa azienda, farne un organismo fiorente e di sicuro avvenire (…).”

Per non dimenticare

Da Luigi Einaudi.
Lo scrittoio del Presidente (1956)

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Di ritorno da zone colpite da gravi alluvioni il Presidente della Repubblica indirizzava al Presidente del Consiglio la seguente lettera, resa dall’on. De Gasperi di pubblica ragione:
Ritornato ieri dall’ultima – ed auguro e spero sia l’ultima – delle mie visite nelle zone delle Calabrie, della Sicilia, della Sardegna, del Piemonte e del Polesine tanto duramente provate dalla furia distruttrice delle acque, ho il dovere di recarti testimonianza di fede e gratitudine. Di fede nella ferma risoluzione dei danneggiati nel dare opera essi medesimi, per i primi, alla riparazione dei gravi danni ricevuti ed alla ricostruzione dei patrimoni morali e materiali perduti. Di gratitudine verso quanti, in nobile gara di solidarietà si adoprano per lenire la sventura, per trarre a salvamento uomini donne bambini, per apprestare ad essi i primi soccorsi. Dagli uomini di governo ai parlamentari, dai funzionari dell’ordine amministrativo ai tecnici, dagli ufficiali ai soldati delle varie armi e specialità, dai cittadini meglio provveduti agli umili popolani, tutti gareggiano nell’adempimento dei doveri verso la patria. Sono sicuro che, nella concordia operosa fra governo parlamento e popolo, all’opera di primo soccorso seguirà l’ardua e necessariamente più lenta azione di ricostruzione dei ponti, delle strade, degli argini, degli impianti di bonifica necessari ad impedire che il danno possa ripetersi. Con i miei occhi ho anzi già veduto a distanza di pochi giorni dal flagello, qualcosa di più dell’inizio della ricostruzione.
Lo spettacolo del coraggio con cui all’indomani della ferita profonda, questo nostro mirabile popolo già si è accinto a rimarginarla mi fa sperare che oggi si avveri l’augurio di coloro i quali in passato ammonirono: la terra italiana, la terra della montagna e sovrattutto della montagna appenninica, va lentamente disfacendosi; le argille si sfasciano e le rocce si denudano. Spinti dalla urgenza di vivere, gli agricoltori abbattono l’albero e coltivano una terra che dopo qualche anno o decennio più non esisterà. Il male è antico e dura da secoli e talvolta da millenni. Ma la distruzione della terra italiana alta è la causa ultima dei flagelli i quali colpiscono le terre basse. Fa d’uopo – ammoniscono taluni veggenti – porre subito un argine alla distruzione ed iniziare poi la ricostruzione della terra; ed importa siano tolti gli impedimenti ereditati dal passato i quali ostacolano l’abbandono spontaneo delle terre invano poste a colture da contadini costretti a trarne troppo miserabili mezzi di vita.
Lo spettacolo di fede, di coraggio, di abnegazione, di solidarietà di cui sono stato commosso spettatore in questi giorni dolorosi mi persuade che usciremo vittoriosi dalla dura prova: vittoriosi nei frangenti dell’oggi e nelle più dure e durature conquiste dell’avvenire.
20 novembre 1951

Alla lettera fece seguito, alcuni giorni dopo, una memoria nella quale si esaminarono i due problemi connessi del rimboschimento e degli uomini viventi nelle terre inondate.
Sul primo, sembra esistere l’unanimità di consensi. Giornali, uomini politici, scienziati dicono concordi: bisogna andare alla radice del male: non basta difendere il piano con argini robusti, con regolazioni del corso  e del livello dei fiumi meglio studiate; importa ricostruire il monte e far sì che l’acqua defluisca più lentamente, trattenuta dagli alberi, dalle briglie, dai pascoli sodi. 
Sotto l’impressione dei disastri che hanno colpito, con un crescendo spaventoso, dal 1948 ad oggi, tanta parte d’Italia, dalle terre povere della Calabria e della Sardegna alle feconde del Polesine, di disastri che l’occhio dell’uomo immediatamente collega con i disfacimenti e le nudità del monte e del colle, si esclama: “Noi non ricadremo nei passati erramenti; e, pur provvedendo al piano, non dimenticheremo di curare la causa, che è nel monte”. 
La lotta contro la distruzione del suolo italiano sarà dura e lunga, forse secolare. Ma è il massimo compito d’oggi, se si vuole salvare il suolo in cui vivono gli italiani. La direzione generale delle foreste dovrebbe chiamarsi direzione generale della conservazione del suolo e delle foreste.

Dei cento anni previsti da Einaudi ne sono passati 71.
Dedichiamo queste parole a tutti i Ministri dell’Ambiente e a tutti i Sindaci di Ischia che si sono succeduti dal 1951 a
oggi.

Documenti

Perché?

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Pubblichiamo in questa sezione un antico testo cinese del IV Sec. a.C., che rappresenta un prezioso documento di una profonda etica laica, che ci sembra molto utile e attuale per affrontare le sfide che il contesto ci pone. 

PERCHÉ i re, i duchi e  i grandi presenziano di buon’ora la corte e si ritirano solo molto tardi? Perché ascoltano i processi per una giornata intera? Perché non osano diminuire i loro sforzi? 
Perché si dicono: “La forza d’animo genera la sicurezza pubblica, la mancanza di questa forza il pubblico pericolo”. Così non osano diminuire i loro sforzi.

PERCHÉ ministri e funzionari consumano la loro forza fisica ed esauriscono la loro intelligenza riflessiva? Perché regolano gli affari pubblici all’interno e percepiscono le dogane all’esterno? Perché non osano diminuire i loro sforzi?
Perché si dicono: “La forza d’animo genera l’onore, la mancanza di questa forza, il disonore”. Così non osano diminuire i loro sforzi.

PERCHÉ i contadini escono al mattino e fanno ritorno solo a sera? Perché si sforzano di arare, seminare, piantare e accumulare sementi  più che possono? Perché non osano diminuire i loro sforzi?
Perché si dicono: “La forza d’animo porta con sé la ricchezza, la mancanza di questa forza, l’indigenza; La forza d’animo produce cibo sufficiente, la mancanza di questa forza, la carestia”. Così non osano diminuire i loro sforzi.

PERCHÉ le donne si levano al mattino presto e si coricano a notte inoltrata? Perché si sforzano di filare, di tessere, di lavorare la canapa e il lino, di avvolgere la tela e la seta? Perché non osano diminuire i loro sforzi? 
Perché si dicono: “La forza d’animo porta con sé la ricchezza, la mancanza di questa forza, la povertà; La forza d’animo dà i mezzi per procurarsi il calore, la mancanza di questa forza ci lascia in preda al freddo”. Così non osano diminuire i loro sforzi”.

Notizia Flash

Il Rione Sanità di Napoli
ha conquistato la rivista internazionale Time Out

Tempo di lettura: 50 sec.

Continuano i riconoscimenti che rendono giusto merito all’opera di valorizzazione del rione Sanità portata avanti dalla Cooperativa La Paranza, a cui già abbiamo dato visibilità sulle pagine della nostra Newsletter. Ogni anno, la rivista britannica Time Out conduce un’indagine intervistando abitanti ed esperti di città in tutto il mondo per provare a rispondere a questa domanda: esiste il quartiere perfetto? Quest’anno, l’Italia è entrata nella classifica, guadagnandosi una posizione nella prima parte della stessa, grazie al Rione Sanità di Napoli: con il suo carattere intenso e con le vive testimonianze del passato che custodisce (abilmente valorizzate dalle iniziative locali) si è aggiudicato la ventesima posizione, tra la Little India di Singapore e il Silver Lake di Los Angeles. Un articolo pubblicato su Sky TG 24.it il 13 ottobre 2022 riporta questo commento: “Le Catacombe di San Gennaro del II-III secolo sono una tappa obbligata. Il fascino che sprizza alla luce del Sole si intensifica nei sotterranei. Dalle pizzerie alle pasticcerie, anche il buon cibo fa del Rione, edificato su un vallone utilizzato sin dall’epoca greco-romana, uno dei quartieri migliori del mondo”.

VNZ News

Il convegno “Sviluppo
e sistema bancario”

Il 2 dicembre 2022 abbiamo organizzato a Sondrio, presso la sala Besta della sede centrale della Banca Popolare di Sondrio, il Convegno “Sviluppo e sistema bancario”, che chiama a raccolta alcuni dei massimi esperti attuali del sistema bancario, allo scopo di riavviare una riflessione sul ruolo dello stesso per lo sviluppo delle imprese e dei territori, con particolare attenzione alle banche territoriali, nell’ambito del nuovo scenario economico nazionale e internazionale.
Consulta la locandina



 

VNZ Academy

Tra ottobre e novembre 2022 si è tenuto il secondo percorso dell’Academy VNZ sul tema “Leadership per le imprese nella nuova economia: dare un senso al lavoro nell’impresa nella prospettiva di un nuovo spirito di collaborazione e partecipazione”. Questo tema è stato esplorato in cinque incontro grazie a lezioni teoriche, coordinate dal direttore del corso prof. Giacomo Manara, e numerose testimonianze.
Scarica il programma del corso



 

La lectio magistralis di
Toshio Horikiri

Il 22 settembre, VNZ ha organizzato, in collaborazione con Considi e CSMT Innovative Contamination Hub, un incontro con Toshio Horikiri, Fondatore e Presidente di Toyota Engineering Corporation, presso la Sala Conferenze della Camera di Commercio di Brescia. Introdotto da Marco Saccone, Marco Vitale e Fabio Cappellozza, Horikiri ha tenuto un’importante lectio magistralis sul tema dei nuovi scenari per l’impresa e l’industria verso la società 5.0.
Locandina dell'evento
Articolo del Giornale di Brescia

Il libro dell’arte di mercatura di Benedetto Cotrugli:
le presentazioni

Il 30 settembre 2022 si è tenuta a Venezia, presso la suggestiva Aula Baratto dell’Università Ca’ Foscari, la presentazione della nuova edizione de Il libro dell’arte di mercatura di Benedetto Cotrugli. Si tratta di una nuova edizione dell’opera, tradotta in italiano contemporaneo, edita da Guerini Next, con il contributo di VNZ, che contiene contributi di Tiziana Lippiello, Carlo Carraro, Fabio L. Sattin, Marco Vitale, Vera Ribaudo. Consulta la locandina dell'evento

Il libro verrà presentato a Milano il giorno 8 febbraio 2023, presso la sede dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in un evento patrocinato dalla stessa Università e dalla Fondazione Centesimus Annus, di cui qui è possibile scaricare presentazione e proposta di programma.

Elite Day

Il 14 ottobre 2022 si è tenuta, presso Palazzo Mezzanotte, storica sede di Borsa Italiana, l’Elite Day, giornata che ha celebrato il decimo anniversario di Elite.

Elite da dieci anni si propone come riferimento e vetrina di eccellenza delle imprese italiane che accompagna in percorsi di evoluzione culturale, avvicinandole al mercato dei capitali. VNZ ha partecipato all’evento, felice di essere partner di Elite da 6 anni.

La Rocciosa Brescia e le mie altre città: premiato il libro di Marco Vitale

Il libro di Marco Vitale, La Rocciosa Brescia e le mie altre città si è aggiudicato il Premio micro-editoria di qualità 2022, assegnato il 12 novembre 2022 presso Villa Mazzotti di Chiari, nell’ambito della Rassegna della Microeditoria Italiana.
Unico Premio della saggistica su 132 candidati.

Da non perdere

Il libro dell’arte di mercatura

Benedetto Cotrugli, con introduzione di Marco Vitale e scritti di: Carlo Carraro, Tiziana Lippiello e Fabio L. Sattin.
Edizione critica a cura di Vera Ribaudo
PRIMA EDIZIONE CON TESTO IN ITALIANO CONTEMPORANEO
Guerini NEXT, 2022
47,50 €

Tempo di lettura: 2 min.

Considerato da alcuni il fondatore delle discipline economico-aziendali, il mercante e umanista rinascimentale Benedetto Cotrugli è autore di un libro tanto importante quanto ingiustamente caduto per secoli nell’oblio e solo recentemente riscoperto. Un vero gioiello nascosto nella nostra storia culturale, economica e sociale, da valorizzare e fare conoscere al mondo. Questo trattato, scritto nel 1458 e pubblicato un secolo dopo, viene proposto ora per la prima volta in una ricca edizione integrale contenente sia il testo originale in volgare sia la versione in italiano contemporaneo. Diviso in quattro sezioni, che spaziano tra un ampio repertorio di regole mercantili, contabili e suggerimenti pratici ancora attuali per lo svolgimento dell’attività commerciale, fino ad arrivare alle virtù morali, culturali, professionali, etiche, politiche e allo stile di vita del «mercante perfetto», il libro di Cotrugli è una testimonianza vivace delle dinamiche che ruotavano attorno al commercio nel Mediterraneo agli inizi del Rinascimento. Questo testo rappresenta un fondamentale contributo alla comprensione delle origini del management e delle pratiche commerciali moderne, anticipando di oltre cinquecento anni molti dei principi del cosiddetto umanesimo imprenditoriale e della responsabilità sociale, di cui oggi si parla molto. Il volume dimostra in modo inequivocabile come è proprio in Italia e nel Mediterraneo che affondano, profonde, le più antiche radici dell’attività commerciale e dello spirito imprenditoriale. Introduzione di Marco Vitale. Con scritti di Caralo Carraro, Tiziana Lippiello e Fabio L. Sattin. Prima edizione con testo in italiano contemporaneo.

America.
Viaggio alla riscoperta
di un Paese

Federico Rampini
Solferino, 2022
18,00 €

Tempo di lettura: 2 min.

America «impero del male» o «patria delle libertà»? Una nazione creatrice di miti e valori o un Paese in declino e diviso al suo interno? Come si misura la «vera distanza» tra San Francisco e Miami? Perché è impossibile avere una conversazione in inglese con un tassista di New York? Come si spiegano la tragica sequenza delle sparatorie e nel contempo il record delle start-up, la scarsa disoccupazione giovanile e la migrazione interna dalla California verso la Florida? Capire l’America è una sfida, oggi più che mai: ci fa velo un secolo di stereotipi costruiti da cinema e letteratura, moda e arte, musica e serie televisive. Si aggiunge la rinascita di un antiamericanismo antico e viscerale, che condiziona molti italiani. Bisogna avere radici profonde in questa nazione - pagarci le tasse, averci mandato i figli a scuola, usarne la sanità, aver fatto il giurato in un processo, averci comprato casa e creato una società - per superare la barriera dei luoghi comuni. Le sorprese sono tante quante le Americhe, al plurale, e tutte le loro comunità etniche. Federico Rampini, che in America ha vissuto per quasi un quarto di secolo, firma un ritratto illuminante degli Stati Uniti che enuclea i grandi e i piccoli problemi del Paese. Di ogni differenza abissale con l’Europa indica origini e ragioni, dalla politica all’economia, dalla cultura alla società, dalla quotidianità alla genesi del Dna nazionale. L’autore compie uno slalom tra le contraddizioni, un’operazione di pulizia dai preconcetti e ci regala una guida di viaggio in senso letterale: perché si può comprendere l’America solo vivendola e guardando dietro le apparenze. Per intuire magari dove andrà a finire.

L’abbondanza frugale come arte di vivere. Felicità, gastronomia e decrescita

Serge Latouche
Bollati Boringhieri, 2022
16,00 €

Tempo di lettura: 2 min.

Il desiderio di felicità sembra essere un tratto congenito alla natura umana: è comune a ogni epoca e a tutte le culture. Ma se le parole ci permettono di comunicare e di comprenderci, sono al tempo stesso fonte di malintesi. La parola «felicità», infatti, nasconde una trappola semantica. Da un lato ha avuto per lungo tempo – dagli antichi greci al Medioevo e alla prima modernità – un connotato etico: di armonia civile, indissolubilmente legata alla sfera pubblica e al buon governo, o di beatitudine spirituale, inscindibile dal divino e dal sacro. Dall’altro lato, prima con la Rivoluzione francese e poi con l’emergere del liberalismo, la felicità diviene invece un obiettivo dell’individuo, materiale e «quantificabile» attraverso merci e denaro: qualcosa, dunque, di neutro dal punto di vista etico. La felicità moderna ha quindi sempre meno a che fare con una vita «buona» – in armonia con gli altri, con se stessi e con il proprio ambiente. Si identifica invece sempre più con il guadagno e la ricchezza. A questa «felicità» deviante e in ultima analisi tossica, scrive Latouche in queste pagine, è oggi indispensabile contrapporre una frugalità sobria e serena, un’autolimitazione conviviale e gioiosa, veicolata, in maniera decisiva, dal nostro rapporto con il cibo e con l’alimentazione. Contro gli eccessi dell’iperconsumo e dello spreco promossi dall’agricoltura produttivista e dalla grande distribuzione, ma anche contro il cibo spazzatura tipico dell’alimentazione globalizzata che con essa va di pari passo, Latouche sostiene il ritorno a un’agricoltura rispettosa del suolo e della vita, alle gastronomie tradizionali – legate agli ingredienti locali – e a una fruizione del cibo integrata, in armonia con l’ambiente circostante. L’obesità, la fame, la malnutrizione, le carestie raccontano infatti una stessa contraddizione: quella di una società intossicata dalla crescita e che sta fagocitando la vita.

Hanno collaborato a questo numero:
Sara Belotti, Nicola Boni, Lamberto Correggiari, Margherita Saldi,
Luca Soressi, Erika Veschini, Marco Vitale, Stefano Zane.

Progetto editoriale a cura di Luca Vitale e Associati
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